L'ipnosi clinica e l'ipnoterapia da un punto di vista scientifico. A cura del Dr. Massimiliano Zisa, Ipnotista, Psicologo e Psicoterapeuta a Firenze.
mercoledì, novembre 14, 2007
Ipnosi e sport: sciare in ipnosi
mercoledì, ottobre 17, 2007
Ipnosi, un’alleata contro il dolore
Tratto dal: Il Corriere un articolo di:Vera Martinella
Permette di alleviare l’ansia e ridurre gli analgesici, in alcune terapie oncologiche. Diversi ospedali italiani la utilizzano.
MILANO – Non solo farmaci per contrastare la sofferenza durante e dopo un’operazione chirurgica. Secondo uno studio americano recentemente pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute, una breve seduta di ipnosi prima di un intervento allevia l’ansia e il dolore, permettendo di somministrare una minor quantità di analgesici e traducendosi in un’esperienza meno traumatica per le pazienti e meno costosa per l’ospedale. Precedenti ricerche avevano già suggerito che l’ipnosi potesse contribuire ad alleviare problemi di varia natura, aiutando le pazienti a rimettersi più in fretta e, quindi, accorciandone la degenza ospedaliera. Quest’ultimo studio, condotto dai ricercatori della Mount Sinai School of Medicine di New York, ha verificato l’efficacia della tecnica su cento donne che dovevano sottoporsi ad una biopsia chirurgica o all’asportazione di un nodulo al seno e che, prima della procedura, sono state coinvolte in una seduta d’ipnosi: 15 minuti durante i quali le pazienti sono state indotte ad uno stato di relax e sensazioni piacevoli e hanno ricevuto suggerimenti su come ridurre la percezione di dolore, nausea e affaticamento. Altre cento pazienti, invece, si sono limitate ad un breve dialogo con uno psicologo. I risultati, secondo i ricercatori, sono stati chiaramente migliori nel gruppo-ipnosi, per il quale è bastata un’anestesia più leggera e una quantità di sedativi ridotta. Inoltre, le partecipanti hanno riferito meno disturbi emotivi e minori effetti collaterali dopo l’intervento. Secondo gli autori, l’ipnosi ha permesso di risparmiare circa 773 dollari (oltre 540 euro) a paziente.Ma quale “magia” si nasconde dietro a questi meccanismi? Niente sguardi magnetici o potenzialità irrealistiche, tengono a precisare gli esperti. «Tramite l’ipnosi si può accompagnare virtualmente il malato in una condizione di benessere, stimolandolo ad evocare situazioni piacevoli, in modo tale che, dopo l’intervento o anche al risveglio, quando è necessaria un’anestesia generale, la sua percezione del dolore sia minore» risponde Luisa Merati, responsabile del Centro Medicina Psicosomatica presso l’ospedale San Carlo di Milano, che organizza sedute ipnotiche, individuali o di gruppo, con pazienti oncologici (le prestazioni sono rimborsate dal servizio sanitario nazionale e, in ogni caso, i malati di cancro sono esenti dal ticket). «Allo stesso modo – prosegue - è possibile aiutare il paziente a combattere gli eventuali sintomi fastidiosi sia dell’operazione che della chemioterapia. O, ancora, tramite tecniche di rilassamento si può offrire un sostegno psicologico “potenziato”, per superare i momenti difficili della malattia, inducendo calma e ottimismo per contrastare ansia e paura». Una soluzione altrettanto efficace può essere quella di insegnare ai malati a praticare l’auto-ipnosi (una tecnica simile al training autogeno e alle tecniche di meditazione), grazie alla quale i pazienti dovrebbero riuscire a scivolare in uno stato di benessere quando ne hanno bisogno, in day hospital per le sedute di chemioterapia o quando serve un aiuto a casa contro stanchezza cronica, nausea, debolezza.Le potenzialità dell’ipnosi sono già applicate in altri ambiti (per smettere di fumare, perdere peso o contro alcuni disturbi della psiche) e, gradualmente, vengono riconosciute anche in Italia come valide terapie complementari, utili se affiancate ad interventi di altro tipo. A utilizzare questa tecnica sui pazienti oncologici, infatti, sono già diverse strutture, fra cui l’Istituto Nazionale Tumori e l’ospedale San Raffaele di Milano, l’azienda ospedaliera Brotzu di Cagliari, l’ospedale Umberto I di Lugo di Romagna (Ravenna), l’azienda ospedaliera Molinette di Torino e gli ospedali di Legnago (Verona), Garbagnate (Varese) e Varese. «Al pari di agopuntura e massaggi, le tecniche ipnotiche sono mezzi utili ed efficaci contro il dolore e gli effetti indesiderati delle terapie - commenta Furio Zucco, presidente della Società Italiana di Cure Palliative. - Ma credo che in Italia ci si debba prima occupare dell’abc delle cure analgesiche, per le quali c’è ancora molto da fare: serve, prima di tutto, la prescrizione dei farmaci oppiodi con il ricettario del Servizio Sanitario Nazionale, mentre oggi si usa ancora un ricettario speciale che molti medici di famiglia neppure vanno a ritirare. E bisogna incoraggiare l’immissione sul mercato dei derivati della cannabis, recentemente approvati con un decreto ministeriale». www.psicolife.com Psicologia e Ipnosi Terapia a Firenze
giovedì, ottobre 11, 2007
Con l’ipnosi meno dolore
Ipnosi alleata della lotta al cancro del seno. Uno studio americano pubblicato online sul «Journal of the National Cancer Institute» ne legittima l’ingresso nelle corsie dei reparti oncologici: una seduta di ipnosi prima di entrare in sala operatoria per un intervento di tumore mammario - hanno dimostrato infatti Guy Montgomery e colleghi della Mount Sinai School of Medicine di New York - riduce le dosi di anestetico necessarie, fa diminuire il dolore e i disagi pre e post-operatori, e accorcia la durata del ricovero in ospedale. In altre parole, riesce ad abbattere i costi della chirurgia di circa 773 dollari a paziente.
I vantaggi nella chirurgia del tumore al seno
Le donne che vengono operate per cancro al seno lamentano spesso dolore, nausea e debolezza prima e dopo l’intervento. Complicanze che rischiano di allungare la degenza o di favorire un nuovo ricovero in ospedale, e che a volte costringono a un’ulteriore assunzione di farmaci. Indagini precedenti avevano già suggerito le possibili virtù dell’ipnosi contro questi disagi. Benefici che gli esperti statunitensi hanno ora dimostrato in un trial clinico ad hoc su 200 donne. In particolare, gli scienziati hanno valutato gli effetti dell’ipnosi praticata un’ora prima dell’operazione.
E anche l’anestesia diventa più leggera
Le partecipanti allo studio sono state randomizzate in due gruppi: tutte venivano affidate a uno psicologo, ma mentre alcune si limitavano a dialogarci, altre venivano invece sottoposte a 15 minuti di ipnosi pre-intervento. Durante la seduta, lo specialista le accompagnava virtualmente in un mondo fatto di immagini piacevoli e rilassanti, e spiegava loro anche l’abc dell’autoipnosi per vincere eventuali sintomi fastidiosi. Gli autori hanno così osservato che in fase di intervento alle donne del gruppo ipnosi bastava un’anestesia leggera. Non solo. Queste pazienti hanno riferito meno disturbi e trascorso in media 11 minuti in meno sul letto operatorio
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lunedì, agosto 13, 2007
Analgesia e controllo del dolore
L'effetto dell'ipnosi nel controllo del dolore è noto da tempo, in era preanestesiologica, ha permesso di eseguire interventi chirurgici e di salvare vite umane. Attualmente il suo ruolo non è ridimensionato anche se le indicazioni sono cambiate.
Gli studi degli ultimi cinquant'anni, dimostrano che l'ipnosi è in grado di ridurre o eliminare un vasto numero di dolori, sia sperimentalmente (dolore ischemico, da pressione, da freddo, da caldo, da stimolazione elettrica), che clinicamente (generalmente in modo ancora più indicativo). L'ipnosi si è dimostrata inequivocabilmente superiore ad altre tecniche psicologiche, come la distrazione e il biofeedback.
Parlando di fenomenologia ipnotica si è accennato che la sensibilità può essere modulata sia in eccesso (iperalgesia), sia qualitativamente (parestesie), sia in difetto (analgesia, anestesia). L'anestesia ipnotica è stata documentata nella sua forma più eclatante in interventi chirurgici quali la tonsillectomia, l'appendicectomia, nella plastica per ernia inguinale, nella piccola chirurgia ambulatoriale, nel dolore procedurale (esami strumentali dolorosi), in numerosi interventi odontoiatrici, nel taglio cesareo, ma anche in interventi di cardiochirurgia. Si è dimostrata in grado durante l'intervento chirurgico di ridurre l'emorragia, per l'intensa vasocostrizione e successivamente di abbreviare il decorso postoperatorio, di favorire la cicatrizzazione delle ferite, di ridurre il dolore ed altri sintomi associati (ad es. nausea, vomito, prurito).
La marcia a piedi nudi sui carboni ardenti, con temperature generalmente superiori ai 600°C, è un altro esempio d'anestesia ipnotica, indipendentemente dalle modalità con cui è stata indotta.
De Benedittis ed al. hanno dimostrato in un esperimento con dolore ischemico che soggetti altamente ipnotizzabili presentavano un aumento della tolleranza al dolore del 113% verso un incremento di tolleranza di solo il 26% in soggetti scarsamente ipnotizzabili.
L'ipnosi si è dimostrata capace di alleviare sia la componente sensoriale discriminativa dell'esperienza dolorosa, sia la componente affettiva, cioè la sofferenza ed in particolare nei soggetti altamente ipnotizzabili è stato osservato un maggior effetto sulla componente motivazionale affettiva dell'esperienza stessa.
Una scissione tra la componente sensoriale - discriminativa e quella motivazionale affettiva risulterebbe responsabile della normale attivazione d'indicatori involontari del dolore quali un aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, della frequenza respiratoria, della sudorazione, ecc. E' stato dimostrato che l'analgesia ipnotica non dipende da sistemi neuroumorali, come quelli endorfinergici, non è influenzata dalla somministrazione di naloxone, inoltre la sua instaurazione può essere praticamente immediata, così come il suo effetto può essere immediatamente abolito con la sola verbalizzazione dell'operatore. Il sistema endorfinergico necessiterebbe di tempi dell'ordine dei minuti per instaurare la sua azione. Secondo Wall ed al. la condizione ipnotica sarebbe in grado di modulare alcuni sistemi sensoriali afferenti come la via paleospinotalamica, sopprimendo anche alcuni riflessi segmentari locali.
Olness, Waing e Ng (1980) hanno pubblicato una ricerca pilota sul livello ematico delle endorfine in quattro bambini con malattie croniche, ben addestrati all'uso dell'autoipnosi in sede clinica per il controllo del dolore. Il training era cominciato quando i soggetti avevano dai 6 agli 8 anni e al monumento della ricerca era trascorso da un minimo di 2 ad un massimo di 7 anni, durante i quali tutti i quattro bambini si erano sistematicamente esercitati nella tecnica di controllo del dolore nel corso di regolari sedute di gruppo.
L'esperimento consisteva nel sottoporre i soggetti a puntura in vena prima allo stato di veglia e poi dopo induzione di autoipnosi con suggerimento di analgesia del braccio, eseguendo la puntura solo una volta ottenuto, a detta dei soggetti, l'effetto analgesico. I risultati dell'esame radioimmunologico non hanno rilevato alcuna presenza misurabile di endorfina nel sangue, né in ipnosi né allo stato di veglia. Goldstein e Hilgard (1975) hanno affrontato il problema da un'angolatura un po' diversa, usando Naloxone, un farmaco di cui é nota l'azione inibitoria degli effetti analgesici della morfina e delle endorfine. L'ipotesi di lavoro era che se l'analgesia ipnotica fosse mediata dalle endorfine, il Naloxone dovrebbe impedirla. E' risultato comunque che la somministrazione di Naloxone non interferiva con l'analgesia ipnotica nei loro soggetti adulti.
Varni, Katz e Dash (Russo e Varni, 1982) riassumono le strategie di ricerca usate per tentar di chiarire le implicazioni fisiologiche, neurochimiche e comportamentali delle endorfine nell'uomo. fra i metodi impiegati ci sono i seguenti: somministrazione di sostanze antagoniste dei narcotici per dislocare gli oppiati dai loro recettori; somministrazione diretta di endorfine sintetiche con osservazione delle alterazioni comportamentali concomitanti; analisi diretta di varie endorfine nel sangue e in altri liquidi biologici; misurazione diretta delle endorfine prima e dopo interventi che dovrebbero influire sull'esperienza del dolore. Finora nessuna di queste strategie ha dato prove definitive quanto al fatto che la liberazione di endorfine sia influenzata dall'ipnoterapia.
E' merito dei coniugi Hilgard la dimostrazione di una correlazione diretta fra il grado d'ipnotizzabilità ed il livello d'analgesia raggiungibile ed inoltre che l'effetto analgesico dell'ipnosi non è riconducibile all'effetto placebo, alla paura o alla suggestione, ma è un effetto specifico. Il contributo degli Hilgard alla spiegazione dell'ipnoanalgesia é partito da una dimostrazione didattica del fenomeno della sordità ipnotica, che non aveva assolutamente nulla a che fare col problema del dolore. Nel corso della dimostrazione il soggetto sperimentale, cui era stata impartita la consegna di sordità ipnotica, non reagiva a forti rumori e non rispondeva alle domande dei compagni. Un altro studente, notando che ovviamente il soggetto non aveva alcun problema con l'udito, chiese se non potesse esserci una qualche parte di lui che in realtà sentiva tutto quello che veniva detto. Il docente che guidava l'esercitazione chiese allora al soggetto di alzare un dito nel caso che una parte di lui, diversa da quella ipnotizzata, sapesse quello che stava succedendo in quel momento: il soggetto sollevò il dito e subito dopo chiese al docente di spiegargli questo suo movimento involontario.
La "parte ipnotizzata" rimase all'oscuro di tutto, mentre l' "altra parte" quando aveva il sopravvento veniva evocata da un apposito segnale, toccando il braccio del soggetto - era in grado di riferire tutto per filo e per segno. Una volta svegliato, il soggetto ricevette il segnale di sblocco dell'anestesia postipnotica e a quel punto poté ricordare tutto quello che era successo (Hilgard e Hilgard, 1975).
Hilgard ipotizzò che un meccanismo simile potesse agire nel caso del controllo ipnotico del dolore e in una serie di esperimenti dimostrarono che le cose stanno proprio così. Ai soggetti capaci di analgesia ipnotica si chiedeva se una qualche "altra parte" di loro si rendesse conto di quello che stava succedendo. In circa metà dei casi, mentre la parte ipnotizzata riferiva di non avvertire alcun dolore o quasi, l'"altra parte" denunciava un dolore più intenso. Gli Hilgard descrivono questa "altra parte" come un "osservatore nascosto", avvertendo però che questa é "una metafora di qualcosa che avviene a livello intellettuale ma non é accessibile alla coscienza della persona ipnotizzata. Non significa che ci sia una sorta di personalità secondaria che vive di vita propria - una specie di homunculus annidato nelle ombre della personalità cosciente" (Hilgard e Hilgard, 1975, pp168-169).
Eventi aspecifici dell'ipnosi nel controllo del dolore
· Defocalizzazione dell'attenzione: com'è noto l'attenzione focalizzata sull'agente lesivo e sull'area corporea interessata, potenzia la percezione dolorosa, mentre la semplice distrazione ha un certo effetto nel ridurla (innalzamento della soglia del dolore).
· Riduzione dell'ansia associata: anche l'ansia amplifica la sofferenza e una sua riduzione è particolarmente vantaggiosa nel dolore acuto.
· Effetto placebo: viene così definita qualunque metodica o procedimento terapeutico che produce un effetto prescindendo o non riconducibile ai fondamenti teorici sui quali si basa la terapia in oggetto. L'effetto è estremamente variabile in rapporto a molti fattori e sembra funzionare con via endorfinergica. Secondo Evans ponendo l'efficacia antalgica di 10mg di morfina=1, abbiamo per il placebo un coefficiente=0,56, di poco superiore a quello di una dose standard di aspirina. L'effetto placebo in un set sperimentale ha dimostrato un "peso" di circa il 16%, mentre mediamente in ambito clinico è valutabile in circa il 33% e può raggiungere il 70% se esiste un'ottima sintonia medico -paziente.
· Decondizionamento
Nel dolore cronico si può assistere alla scomparsa della patologia sottostante con la persistenza del sintomo che si automantiene anche a seguito di un rinforzo ambientale (farmaci al bisogno, riposo, comprensione del patner, ecc.)
1. Somministrare i farmaci ad orario fisso: viene tolto il rinforzo positivo del farmaco
2. Il paziente è invitato a lavorare: il riposo spesso aggrava la situazione
3. Bisogna evitare che questo tipo di comunicazione regressiva (del dolore) sia vantaggiosa per il paziente.
Eventi specifici dell'ipnosi nel controllo del dolore (Conclusioni)
L'effetto dell'ipnosi nel controllo del dolore è specifico:
- Non dipende dalle endorfine
- Non dipende da modulazioni dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene
- Non è una analgesia da stress o ansia
- Dipende dal grado d'ipnotizzabilità del paziente
- E' compatibile con un sistema di controllo elettrico o neurotrasmettitoriale (questo giustifica la rapidità con cui l'analgesia può essere indotta o rimossa).
La diagnosi è imperativa, anche qualora abbia successo, la rimozione di un sintomo senza una corretta analisi delle cause può portare danni superiori ai benefici, sia dal punto di vista biologico come evoluzione patologica della malattia, sia dal punto di vista psicologico come perdita di un compenso intrapsichico.
"Il successo della terapia nasce dall'incontro realistico delle esigenze delle parti"
Come si sottolineerà più avanti il dolore non è una struttura granitica immodificabile, forse lo è solo il dolore acutissimo, inoltre non è una sensazione che può essere abolita, ma un costrutto che può essere manipolato, costituito da un passato, un presente, un futuro. L'inconscio rappresenta una risorsa importante e insostituibile in molte situazioni, fra cui il controllo del dolore cronico.
lunedì, luglio 23, 2007
Attacchi di Panico e Ipnosi
Il panico scatta quando c'è troppa CO2
tratto da :repubbica.it
PANICO? Una questione di CO2, anidride carbonica. La difficoltà di respirazione, infatti, manda segnali al cervello, un allarme esagerato di pericolo, per alcuni soggetti, che viene elaborato dall'amigdala, la quale fa scattare l'impulso di fuga. Come spiega Livio De Santoli, ordinario di Impianti Tecnici alla Sapienza di Roma "l'indice riconosciuto per la vivibilità di un ambiente chiuso è proprio la concentrazione di CO2 che non dovrebbe superare le 350/400 parti per milione. In molti luoghi urbani, nellla metropolitana, bus o aule universitarie, abbiamo controllato che si arriva a 2000/2500 parti per milione". Una situazione pesante per quell'1,5% di italiani che soffre di attacchi di panico. "L'anidride carbonica", sottolinea il neurologo Rosario Sorrentino "stimola alcuni recettori cerebrali localizzati nel bulbo, si tratta di "sentinelle ecologiche" dell'aria respirata che allertano il locus coeruleus che ha la funzione di pre-allarme del panico (DAP). Questi pazienti dovrebbero evitare luoghi affollati, chiusi, in cui il ricambio d'aria non è garantito". Un disturbo psichiatrico con cause multilpe, dice Giampaolo Perna, Centro Disturbi d'Ansia del San Raffaele Turro di Milano: "In tali soggetti esiste una fragilità del cervello "omeostatico", quello che presiede alle funzioni fisiologiche come il battito cardiaco, la respirazione e l'equilibrio. Nel nostro centro agiamo su più fronti: farmaci, lezioni di respiro corretto, psicoterapia comportamentale. Ora anche riabilitazione di tipo psico-vestibolare perché questi soggetti sono disorientati nello spazio". Se ne parla in Psicofitness (Sperling), scritto con Giulio Divo. (j. r. m.)L'ipnosi agendo sulla condizioni di rilassamento e riattivando una corretta modalità respirazione permette un reapprendimento della modalità di respirazione in modo da recuperare il giusto rapporto tra ossigeno e anidride carbonica.
Per ulteriori informazioni visita questa pagina sulla respirazione lenta:Ipnosi Clinica
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venerdì, aprile 27, 2007
Osservati gli effetti dell'ipnosi
Mentre i volontari svolgevano il test, gli psicologici osservavano l'attivita' del loro cervello con la fRMI, tecnica in grado di rilevare sia le aree cerebrali in attivita', sia l'intensita' del loro lavoro in tempo reale. I ricercatori hanno osservato cosi' che, senza l'ipnosi, tutti i volontari risolvevano l'esercizio e il loro cervello non mostrava discrepanze di attivita' durante lo svolgimento della prova. Durante l'ipnosi, invece, le persone piu' suscettibili mostravano un'intensa attivita' nella regione del cervello chiamata 'giro cingolato anteriore' e nel lato sinistro della corteccia prefrontale, rispettivamente implicate nella risposta agli errori e stimoli emotivi e nell'elaborazione di funzioni cognitive complesse.
Le persone poco suscettibili all'ipnosi, invece, non mostravano differenze significative nell'attivita' cerebrale in questa seconda fase dell'esperimento. Secondo Gruzelier e' quindi evidente che sotto ipnosi il cervello ha bisogno di sforzarsi di piu' per risolvere lo stesso compito, indicando appunto che qualcosa di diverso avviene al suo interno. Si tratta della prima evidenza cosi' forte e diretta dell'azione dell'ipnosi sul cervello, ha concluso lo studioso, e sara' da stimolo per ulteriori studi sulla possibilita' di utilizzare l'ipnosi in campo clinico.
Fonte: Ansa (13/09/2004)
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venerdì, marzo 30, 2007
Ansia e Attacchi di Panico
Nel risultato della ricerca sull'origine di tali emozioni, anche una speranza per la messa a punto di nuove terapie per controllarle
La paura e l'ansia dipendono da una nuova molecola scoperta nel cervello, con cui si spera di realizzare terapie innovative per la cura di disturbi depressivi ed eccesso di ansia. E' il GRPR, il recettore di una piccola proteina (un peptide) che regola il rilascio della sostanza gastrina, attivo nell'amigdala, il distretto del cervello che custodisce il ricordo di eventi pericolosi e fa scattare le sensazioni di ansia e paura quando questi eventi si ripresentano.
La scoperta si deve ad una equipe di scienziati dell'Università della Colombia, guidata da Eric Kandel, Nobel per la Medicina del 2000 ed è stata pubblicata sulla nota rivista scientifica Cell. Il gruppo, sulla base di queste ricerche, suggerisce che la proteina scoperta stimoli le cellule dell'amigdala a produrre la molecola GABA, importante perché, come ricordato dagli stessi esperti, bassi livelli di GABA sono legati a depressione, ansia e panico. Questa molecola, inoltre, era già nota ai ricercatori per la sua azione inibitrice sul sistema nervoso.
I ricercatori, secondo quanto riportato, hanno raggiunto questo successo analizzando le proteine presenti nell'amigdala, zona del cervello già conosciuta come sede dell'ansia e della paura, ma di cui fino ad oggi, secondo quanto hanno sottolineato gli studiosi, non si conosceva nessun meccanismo di funzionamento.
Gli esperti hanno visto che il GRPR è molto abbondante nell'amigdala e hanno studiato delle cavie con una modificazione genetica che le rende incapaci di produrre il GRPR. Secondo quanto spiegato, gli scienziati hanno sottoposto due gruppo di topi, uno normale ed uno con questa modificazione, ad un segnale sonoro associandolo ad uno stimolo doloroso. Ripetendo a più riprese il segnale sonoro gli scienziati hanno esaminato i comportamenti dei topi. I topi modificati, senza GRPR, mostrano sensazione di paura molto più spesso dei topi normali e mantengono una marcata risposta al segnale sonoro per molte settimane dopo l'inizio del test. Però, come hanno precisato, i topi privi di GRPR non hanno alterazioni nella paura innata ed hanno una normale memoria degli stimoli pericolosi.
Per questo motivo, gli scienziati ritengono che il GRPR sia un regolatore dei livelli di GABA, molecola che a sua volta controlla le sensazioni di paura e ansia. ''Noi pensiamo - hanno detto i ricercatori in un commento conclusivo - che questa scoperta sia solo l'inizio del nostro tentativo di sviluppare un approccio di genetica molecolare per studiare i meccanismi che determinano lo stato di ansia nell'organismo".
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lunedì, marzo 05, 2007
Dolore e ipnosi
Il dolore e l'ipnosi
La depersonalizzazione è caratterizzata da persistenti e ricorrenti episodi di distacco dal proprio sé, spesso con una ridotta percezione del dolore. Alterazioni negli schemi corporei simili a quelli presenti nella sindrome da deficit nella connessione limbico-corticale sono ritenute responsabili di questo fenomeno.
Nello studio i ricercatori - diretti da Christian H. Röder e Matthias Michal - hanno utilizzato l'ipnosi per indurre uno stato di depersonalizzazione in soggeti sani ben suscettibili di ipnosi ed esaminare gli schemi neuronali della percezione durante tre differenti stati di coscienza: veglia, rilassamento ipnotico e depersonalizzazione ipnotica. Lo stimolo doloroso era costituito da una scossa elettrica al polso destro.
Lo stimolo nocicettivo ha portato all'attivazione delle ben note vie del dolore, e in particolare della corteccia somatosensoriale, dell'insula e del cervelletto. Durante lo stato di depersonalizzazione ipnotica, l'attivazione è risultata fortemente ridotta nella corteccia somatosensoriale controlaterale, nella corteccia parietale (area di Brodman), in quella parietale, nel putamen e nella parte omolaterale dell'amigdala, e così pure in tutte le aree collegate alla risposta emotiva al dolore, che veniva percepito in misura estremamente ridotta.
Durante lo stato di depersonalizzazione, sono risultate peraltro meno attive tutte le aree corticali e sottocorticali coinvolte nella propriocezione, suggerendo anche la possibilità che nel corso delle cosidette esperienze di extracorporeità siano attivi specifici meccanismi neuronali.
Secondo gli autori, la tecnica adottata permetterà uno studio più approfondito dei meccanismi biologici e psicologici che soggiaciono sia ai fenomeni di autolesionismo sia a quelli che portano a disturbi di carattere psicosomatico. (gg)
tratto da: Le Scienze
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Sete e Dolore: interazione e plasticità
La sensazione di sete facilita l'insorgenza della reazione dolorosa gli stimoli esterni. Lo rivela uno studio pubblicato dalla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.
“Questa è l’ennesima dimostrazione della plasticità dei meccanismi di espressione del dolore”, spiega Michael Farrell dell’Howard Florey Institute di Melbourne. “In questo caso particolare, una lieve perturbazione dei livelli di elettroliti, cioè ciò che fondamentalmente dà inizio alla sensazione di sete, è abbastanza per modificare intensità e modalità di espressione del dolore”.
Farrell ed il suo team hanno studiato la relazione tra sete e dolore in 10 pazienti. Ai partecipanti allo studio è stata applicata una leggera pressione ai pollici per indurre una lieve sensazione di dolore e sono state somministrate iniezioni saline per simulare la sete. Analizzando il flusso sanguigno cerebrale durante l’esperimento tramite PET (tomografia ad emissione di positroni) si è osservato che negli individui più assetati la sensazione dolorosa risultava più intensa. La sensazione di sete, invece, non risultava alterata dalla sensazione dolorosa.
La sete aveva causato l’attivazione della corteccia cingolata anteriore (area 32 di Brodmann) e dell’insula. L’aumentata risposta al dolore era associata sia all’aumento dell’attività nelle regioni corticali che sono correlate all’intesità del dolore che ad una attivazione specifica nel cingolato anteriore pregenuale e nella corteccia orbitofrontale ventrale, due regioni cerebrali che non vengono attivate dai due input (sete e dolore) singolarmente ma da entrambi (ciò suggerisce che in tali aree svolgano una funzione integrativa).
Questi studi suggeriscono che la corteccia limbica e la corteccia prefrontale giocano un ruolo nella modulazione del dolore durante l’esperienza della sete. Farrell ha avanzato l’ipotesi che ci possano essere circuiti cerebrali che permettono ad una sensazione di modulare l’altra, una strategia importante dal punto di vista evolutivo. Fame, sete, stanchezza e dolore ad esempio non si manifestano contemporaneamente, e questo ci permette di stabilire delle priorità: “La sensazione con le più immediate implicazioni per la sopravvivenza viene messa in evidenza”, spiega il ricercatore australiano.
Fonte: Farrell MJ, Egan GF, Zamarripa F et al. Unique, common, and interacting cortical correlates of thirst and pain. PNAS 2006
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domenica, febbraio 11, 2007
BIOCHIMISMO IN IPNOSI: RICERCHE E IPOTESI
Molta patologia psichiatrica trae certamente origine da sicuro danno anatomico, ma i neurotrasmettitori, i neuromodulatori e gli ormoni [hanno un ruolo importantissimo nell'] equilibrio dinamico, che è indispensabile per il benessere e l'efficienza individuale, tra sistemi vari di trasmissione, memorizzazione delle informazioni e loro eventuale utilizzazione o repressione ai fini di un corretto feed-back comportamentale.
Esiste una bidirezionalità di influenze tra il pensiero sulla produzione di .. neurotrasmettitori, neuromodulatori e di elettroliti specifici, .. e la loro biochimica sulla formulazione delle idee e dei relativi comportamenti.
Stimoli luminosi adeguati, .. giungendo attraverso gli occhi al cervello, stimolano questo ad influire sul sistema neuroormonale, e nella fattispecie sulla produzione di noradrenalina e serotonina.
Recenti ricerche suggeriscono che la dopamina abbia un ruolo importante nella genesi di allucinazioni uditive e paranoia. Tali sintomi sembrano conseguenti al malfunzionamento di un meccanismo di selezione delle informazioni, indipendentemente dal contenuto delle stesse, ed unicamente secondario ad uno squilibrio biochimico, ben controllabile con la somministrazione di farmaci che blocchino i recettori per la dopamina. D'altronde anche nelle diverse forme d'ansia diverse correlazioni biochimiche sono suggerite dalla diversità di risposta ai trattamenti farmacologici. Un aumento della funzione noradrenergica, già implicato nella patologia depressiva provocherebbe anche attacchi di panico, mentre l'ansia generalizzata sarebbe collegata ai recettori benzodiazepinici, al GABA, al canale ionoforo e probabilmente sono coinvolti anche i sistemi dopaminergico e serotoninergico.
Che gli steroidi gonadici rappresentino potenti modulatori periferici delle attività centrali è già noto. I livelli ormonali influenzano gli stati d'animo e l'umore, [e le] modificazioni di tali condizioni psichiche agisc[o]no in modo determinante sulla funzione immunitaria.
Si è rilevata una netta diminuzione dell'attività delle cellule NK (natural killer), una diminuzione linfociti suppressor e un aumento relativo del rapporto linfociti T helper / T suppresor unito ad un'aumentata produzione di autoanticorpi, il tutto correlato con la determinazione di gradi elevati di depressione secondo il test di Hamilton (Hamilton depression scale score).
Psiche e [corpo] comunicano tra loro con vari mediatori, siano essi il sistema neurovegatativo o quello endocrino e immunitario, con una vera rete di interconnessioni effettuata da neuropeptidi, ormoni, linfochine, endorfine e recettori, centrali e periferici.
.. È di grande attualità lo studio dei rapporti tra ipertensione arteriosa e stress, con un accreditamento di un'ipotesi patogenetica psicoambientale. La definizione di stress è collegata a quella di ansia ed ai livelli eventualmente patologici di questa, e quindi della presenza nel cervello umano di una ormai nota sostanza endogena chiamata DBI. [Lo] stress è conseguenza di un'attivazione emozionale che ha la sua struttura portante nel sistema limbico, caratteristico di tutti i mammiferi. [Ma] ogni stimolo, prima di innescare una reazione emozionale, viene sottoposto ad un filtro cognitivo strutturato nella complessità dei circuiti corticali (schemi relativi all'apprendimento, alla memorizzazione ed alla capacità di rappresentazione interna, possono fungere da potenti determinanti intrapsichiche di stress).
Ogni tipo di reazione emozionale può interferire con le funzioni biologiche attraverso tre sistemi: endocrino, vegetativo, immunitario. In condizioni [normali, funzionano automaticamente], ma in condizioni particolari un controllo centrale può sovrapporsi agli automatismi. Il sistema endocrino, con i suoi input controlla prevalentemente il metabolismo cellulare con un adattamento che è in funzione dell'intensità e della durata dello stimolo.
Quelle strutture sottocorticali chiamate sistema limbico-ipotalamico e la pituitaria sono stati identificati come trait-d'union dei processi psicoemotivi con quelli biochimici conseguenti. L'ippocampo e l'amigdala [giocano] ruoli di agonista l'uno e di antagonista l'altra nel realizzare comportamenti di tipo ipnotico, [il che potrebbe spiegare come mai] in uno stato di trance ipnotica si possa[no] più facilmente ottenere variazioni importanti del biochimismo. Marcus [e] Sahalgren con l'ipnosi hanno indotto modificazioni della curva glicemica e contrastato gli effetti usuali sull'organismo dell'adrenalina, pilocarpina e atropina. Tratto da:www.Fenice.info
www.psicolife.com Psicologia e Ipnosi Terapia a Firenzemartedì, gennaio 30, 2007
Ipnosi e agopuntura per alleviare il dolore da parto
L'ipnosi e l'agopuntura sono due metodi promettenti per trattare e alleviare il dolore durante il travaglio e il parto, ma sono necessarie ulteriori ricerche per capire se queste due strategie, come altre terapie complementari (massaggio, rilassamento, aromaterapia, acupressione e rumore bianco) possano veramente essere d'aiuto per le partorienti.
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martedì, gennaio 02, 2007
Focus e Ipnosi
Focus e Ipnosi
Torna l'interesse di Focus sull'argomento Ipnosi.
A poca distanza dagli altri articoli sull'argomento in questo numero viene ripercorso l'ormai conosciutissimo iter storico che ha portato questa forma terapeutica al mito e alla leggenda per poi trovare finalmente 5 pagine di spiegazione sul valore che ha assunto sul piano psicoterapeutico.
Viene riassunta a sommi capi l'approccio della nuova ipnosi Ericksoniana e i suoi campi di applicazione con qualche esempio chiarificatore.
Attraverso le nuove tecniche di neuroimaging e i continui protocolli sperimentali , oggi, l'ipnosi ha finalmente trovato una collocazione definitiva fuori dal contesto magico-ritualistico nei quali ea piombata attraverso la mistificazione e l'aspetto suggestivo che molti celebri film hanno finito con il darle.
PER maggiori informazioni visita il blog sull'ipnosi
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