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lunedì, dicembre 11, 2006

Autoinduzioni e ricordi negativi

La mente si mantiene in salute smorzando i ricordi negativi

La mente, nel momento in cui richiamiamo alla memoria eventi importanti della nostra vita, tende automaticamente a smorzare i sentimenti negativi ad essi eventualmente correlati e a lasciare intatti quelli positivi. Lo afferma un articolo pubblicato sul Journal of Personality, e condotto da Wendy-Jo Wood e Michael Conway, entrambi della Concordia University di Montreal (Quebec, Canada).
Per portare a termine il loro lavoro, gli autori hanno realizzato due studi coinvolgendo rispettivamente 79 e 279 studenti universitari. Hanno chiesto loro di richiamare alla mente dei ricordi particolarmente significativi, riguardanti eventi che avevano contribuito a formare la loro personalità, e di descrivere le emozioni che avevano provato al momento e quelle che provavano ricordandoli.
Secondo i risultati dei questionari, gli studenti nel riportare ricordi legati a esperienze negative come la fine di un rapporto o la morte di una persona cara, hanno sentito molto diminuiti i sentimenti di paura, rabbia e dolore. Mentre nel ricordare momenti più belli hanno avvertito inalterate le sensazioni di gioia e felicità.
“Le persone cercano di guardare il lato positivo anche nelle esperienze di vita più difficili, e tentano per quanto possibile di sminuire l’impatto negativo che alcuni eventi del passato hanno avuto”, spiega Conway.
Si cerca di dare un senso a tutte le esperienze della vita. Questo, secondo gli autori, aiuta a mantenere e a migliorare la salute mentale di ogni individuo.
Secondo Conway, “tutti possono provare forti reazioni emotive in situazioni estreme e tutti hanno bisogno di fare i conti e venire a patti con questi eventi per mantenere un’opinione positiva di sé e del mondo in generale”.

Le tecniche ipnotiche e autoipnotiche di gestione del materiale mnestico permette di realizzare ristrutturazioni profonde dei ricordi negativi sottraendo loro la componente emozionale negativa e promuovendo il graduale spostamento dall'attenzione dall'evento doloroso verso le risorse positive del medesimo periodo storico e concentrandosi sull'evidenza , confermata dal proprio presente, di essere sopravvissuto al meglio all'evento negativo esperito. La ristrutturazione dei ricordi negativi attraverso l'ipnosi o l'autoipnosi con la focalizzazione su esperienze positive del passato autorinforzanti promuovono il consolidamento di un'autonomia più stabile.
Fonte: Wood W, Conway M. Subjective impact, meaning making, and current and recalled emotions for self-defining memories. Journal of Personality 2006; 74(3):811.

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Training autogeno contro il dolore

Modulazione del dolore con Ipnosi e Training autogeno
Pensare positivo funziona davvero… non solo come filosofia di vita, ma anche come antidolorifico.
È stato pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, uno studio che mostra che l’aspettativa del dolore gioca un ruolo fondamentale nella percezione del dolore stesso o meglio che se ci si aspetta un dolore poco intenso, tale sarà il dolore effettivamente percepito.

La ricerca è stata condotta dal dottor Robert Coghill e dai ricercatori della Wake Forest University (North Carolina, USA) su 10 volontari in perfetta salute a cui è stato applicato un simulatore di calore alle gambe. Per mappare l’attività cerebrale conseguente agli stimoli si è utilizzata una risonanza magnetica funzionale. Prima dello stimolo doloroso e della registrazione delle immagini dal cervello i volontari venivano avvertiti dell’intensità del dolore che dovevano aspettarsi: forte, moderata o lieve. In realtà, però, spesso i ricercatori baravano, dicendo ai partecipanti che avrebbero provato un dolore lieve mentre in realtà li aspettava un dolore forte.

Tutti e dieci i partecipanti, in questi casi, hanno riportato un dolore minore perché si aspettavano appunto un dolore di lieve intensità. La riduzione della percezione del dolore è stata circa del 28 per cento, comparabile all’effetto di una dose di morfina. Contemporaneamente l’attività cerebrale delle aree interessate alla percezione e all’elaborazione del dolore, cioè la corteccia somatosensoriale primaria, la corteccia insulare e la corteccia cingolata anteriore, è diminuita sensibilmente.

Nonostante lo studio sia stato condotto su scala ridotta, questi risultati potrebbero spiegare l’efficacia delle terapie psicologiche nel contrastare le patologie caratterizzate da dolori cronici, e fornire gli strumenti per aiutare le persone a controllare meglio il dolore senza dover ricorrere continuamente ad analgesici accompagnati da sgradevoli effetti collaterali. “Il dolore non è solo il risultato di un segnale proveniente da una regione ferita del corpo e deve essere contrastato con qualcosa di più che con una pillola. Il cervello può efficacemente regolare il dolore ed è necessario imparare a sfruttare questo potere”, conclude Robert Coghill.

Fonte: Coghill R et al. The subjective experience of pain: where expectations become reality. PNAS 2005;102 no. 36, doi_10.1073_pnas.0408576102

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venerdì, novembre 17, 2006

Le donne non sono brave in matematica? Solo suggestione

A cura de Il Pensiero Scientifico Editore

Esistono stereotipi di ogni genere sulle differenze congenite tra uomo e donna, uno di questi riguarda la matematica: le donne non ci capirebbero assolutamente nulla. Lo affermava anche il rettore di Harvard, che per questo motivo è stato licenziato. Per stabilire la verità è stato realizzato uno studio, pubblicato sulla rivista Science, che mostra che non è vero che le donne non sono brave in matematica ma che sono convinte di non esserlo e agiscono di conseguenza.

Nello studio a due gruppi di donne sono stati assegnati due test di matematica separati da due letture. Le letture erano diverse tra i due gruppi e anche all'interno del gruppo stesso. In un gruppo alcune donne leggevano che effettivamente gli uomini sono geneticamente avvantaggiati nella risoluzione dei problemi di natura matematica mentre le altre leggevano che il fatto che spesso gli uomini in quest'ambito si dimostrano più bravi delle donne è dovuto all'ambiente e non ai geni.

Nell'altro gruppo una lettura non trattava dell'argomento in particolare ma sottolineava la natura di donne delle partecipanti, mentre l'altra affermava che non esistevano differenze di sorta tra uomini e donne. Secondo i risultati, nel primo gruppo le donne a cui era sottolineata una differenza genetica con gli uomini hanno fatto molto peggio rispetto alle colleghe. Lo stesso è successo nel secondo gruppo dove le donne alle quali è stata rinfacciata la propria natura non hanno raggiunto il livello delle colleghe alle quali era stato ricordato che non esistono differenze di genere.

Questa non è incapacità, ma suggestione. E il cervello reagisce ad essa bloccando o potenziando la sua attività. È anche discriminazione, che si avvale di teorie apparentemente scientifiche ma non vere. È la debolezza della mente umana e la prova della forte relazione tra inconscio e azione: se qualcuno ci convince che non siamo in grado di fare una cosa non riusciremo mai, se invece proviamo a credere nelle nostre possibilità tutto può succedere.
Del resto ciò è noto da secoli a tutti coloro che detengono il potere: suggestione e paura sono le migliori armi di sempre.

Fonte: Dar-Nimrod I, Heine SJ. Exposure to scientific theories affects women's math performance. Science 2006; 314:435.


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venerdì, ottobre 27, 2006

Alopecia areata e ipnosi

L’ipnoterapia sembra migliorare l’outcome clinico nei pazienti con alopecia areata

Esistono solo dati limitati sul ruolo della psicoterapia nell’alopecia areata.

Ricercatori della Free University di Brussels ( Belgio ) hanno documentato l’influenza dell’ipnoterapia sul benessere psicologico e sull’outcome clinico nell’alopecia areata.

L’ipnosi è stata impiegata in 28 pazienti con estesa alopecia areata, refrattaria ai tradizionali trattamenti.

Ventun pazienti, di cui 9 con alopecia totale o alopecia universale e 12 con alopecia areata estesa, sono stati arruolati durante un periodo di 5 anni.

Dopo trattamento, tutti i pazienti avevano un punteggio di ansia e di depressione significativamente più basso.

In 12 pazienti, dopo 3-8 sessioni di ipnoterapia, è stata osservata una ricrescita dei capelli del 75-100%, con una crescita totale in 9 di questi pazienti, tra cui 4 pazienti con alopecia universale e 2 con ofiasi.

In 5 pazienti si è avuta recidiva.

Lo studio presenta dei limiti, tra cui il ridotto campione studiato.
Tuttavia l’ipnoterapia sembra migliorare gli outcome clinici ed il benessere psicologico nei pazienti con alopecia areata. ( Xagena )

Fonte: J Am Acad Dermatol

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venerdì, ottobre 20, 2006

Tosse nervosa

Guarire con l'ipnosi

A cura de Il Pensiero Scientifico Editore
24/03/2004

L’ipnosi può essere una terapia efficace e priva di rischi per la tosse senza base organica; lo mostra uno studio effettuato negli Stati Uniti, del quale si parla sul Journal of Pediatric.

La tosse può anche essere originata da semplice abitudine. Si tratta di un vero e proprio “tic”, che colpisce bambini e adolescenti e inizia in seguito a una banale infezione delle vie respiratorie. Cessata la malattia però la tosse continua anche senza avere basi organiche, e il continuo tossire di per sé provoca uno stato di costante irritazione delle mucose che induce a tossire di nuovo. Il disturbo si esacerba spesso durante le ore di scuola e le competizioni sportive, mentre tende ad attenuarsi se il bambino viene distratto e scompare durante il sonno.

In questo studio, i ricercatori hanno selezionato 51 bambini e adolescenti che soffrivano di questo disturbo da un periodo variabile fra le due settimane e i 7 anni. I ragazzi sono stati istruiti ad utilizzare l’autoipnosi per ignorare la sensazione che innescava la tosse, con tecniche immaginative come respirare un’aria gradevole e colorata, visualizzare nel proprio corpo un interruttore che “spegne” la tosse, e simili. La tecnica ha avuto successo nel 90 per cento dei casi, e nel 78 per cento già dalla seduta di apprendimento del metodo. È interessante sapere che i ragazzi hanno poi applicato l’autoipnosi anche in altre circostanze impegnative della loro vita quotidiana, come a scuola e nello sport.

Gli autori raccomandano l’uso delle tecniche di autoipnosi come un modo sicuro ed efficace di rompere il circolo vizioso dell’abitudine di tossire, problema che spesso, non essendo pienamente compreso o curato, porta ad assenze ripetute da scuola e a diagnosi errate.

Bibliografia. Anbar RD, Hall HR. Childhood habit cough treated with self-hypnosis. J Pediatr 2004;144(2):213-17.


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lunedì, ottobre 09, 2006

Analgesia non farmacologica

Analgesia pre/post parto

Due revisioni sistematiche hanno valutato diversi tipi di intervento: l’agopuntura, l’ipnosi, l’audio analgesia, l’aromaterapia e la musica [1].
L'analisi e l'interpretazione dei risultati risulta difficoltosa per molti di questi interventi, dato l’esiguo numero di donne reclutate negli studi.

Riportermo qui solo i dati relativi all'ipnosi terapia
1. AGOPUNTURA

Uno studio controllato randomizzato (randomized controlled trial, RCT) ha coinvolto 100 donne allocate al trattamento con agopuntura (praticata da ostetriche che avevano seguito un corso di formazione specifico) o alle cure abituali. Non sono state evidenziate differenze nell'esito principale, la soddisfazione materna, e negli esiti secondari, vale a dire durata del travaglio, ricorso alla somministrazione di ossitocina e modalità del parto. E' stata invece rilevata nel gruppo dell'agopuntura:
- riduzione del ricorso all'analgesia farmacologica (in particolare l’epidurale) NNT 3 (2-7) [1]
Un RCT [4] condotto successivamente ha confermato l’efficacia dell’intervento nel ridurre il dolore e il ricorso all’analgesia epidurale (con una conseguente riduzione della durata del parto).
L’esistenza di diverse modalità di agopuntura (tradizionale cinese, auricolare, elettro-agopuntura), comporta la necessità di una valutazione delle diverse tecniche utilizzate (punti utilizzati, durata, profondità, tipo di stimolazione).

2. IPNOSI

Una revisione sistematica [1], comprendente 3 RCT (complessivamente 189 donne) che prevedevano diverse modalità di auto ipnosi nell’ultimo trimestre di gravidanza, dimostra la efficacia dell’ipnosi nel ridurre il dolore nel corso del travaglio, rilevando: - incremento della soddisfazione materna: rischio relativo (RR) 2.33, intervallo di confidenza al 95% (IC) 1.15-4.71
- minor ricorso a analgesia farmacologica (RR 0.54, IC 0.23-1.23)
- maggior tasso di parti vaginali spontanei (RR 1.38, IC 1.10-1.74)
- minor ricorso a parto pilotato con ossitocina (RR 0.31, IC 0.18-0.52)
- assenza di segnalazione di effetti collaterali

Le dimensioni ridotte degli studi implicano che i risultati non sempre raggiungano la significatività statistica.

Una seconda revisione sistematica che prende in esame oltre a cinque RCT anche 14 studi non randomizzati, coinvolgendo complessivamente 8395 donne, ha dimostrato un minor ricorso all'analgesia farmacologica o al parto pilotato con ossitocina e un maggior numero di parti spontanei nelle donne sottoposte ad ipnosi rispetto ai controlli [15]. Una più precisa definzione del rapporto rischio/beneficio dell'ipnosi nel travaglio richiede ulteriori studi.

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Osservati gli effetti dell'ipnosi

L'ipnosi un trucco?
Tutt'altro, e' una tecnica che influenza
l'attivita' del cervello disturbando centri superiori che controllano
funzioni esecutive di alto livello. L'ha scoperto John Gruzelier,
presso l'Imperial College di Londra, usando la risonanza magnetica
funzionale per immagini (fRMI) per scrutare il cervello sotto effetto
di ipnosi.
Queste evidenze spiegano perche' sotto ipnosi le persone fanno cose che
non farebbero mai spontaneamente, ha spiegato lo psicologo nell'ambito
del festival organizzato in Gran Bretagna, a Exter, dall'Associazione
britannica per il progresso delle scienze. Lo studioso ha osservato che
il cervello funziona diversamente, avvalorando cosi' la tesi che
sostiene l'utilita' dell'ipnosi in campo clinico, per esempio nella
lotta al dolore.
Il gruppo britannico e' arrivato alla scoperta studiando un gruppo di
24 volontari 12 dei quali molto e 12 poco suscettibili all'ipnosi.
Quindi gli psicologi hanno sottoposto le persone a un test cognitivo in
condizioni normali e sotto ipnosi. Mentre i volontari svolgevano il
test, gli psicologici osservavano l'attivita' del loro cervello con la
fRMI, tecnica in grado di rilevare sia le aree cerebrali in attivita',
sia l'intensita' del loro lavoro in tempo reale.
I ricercatori hanno osservato cosi' che, senza l'ipnosi, tutti i
volontari risolvevano l'esercizio e il loro cervello non mostrava
discrepanze di attivita' durante lo svolgimento della prova. Durante
l'ipnosi, invece, le persone piu' suscettibili mostravano un'intensa
attivita' nella regione del cervello chiamata 'giro cingolato
anteriore' e nel lato sinistro della corteccia prefrontale,
rispettivamente implicate nella risposta agli errori e stimoli emotivi
e nell'elaborazione di funzioni cognitive complesse. Le persone poco
suscettibili all'ipnosi, invece, non mostravano differenze
significative nell'attivita' cerebrale in questa seconda fase
dell'esperimento.
Secondo Gruzelier e' quindi evidente che sotto ipnosi il cervello ha
bisogno di sforzarsi di piu' per risolvere lo stesso compito, indicando
appunto che qualcosa di diverso avviene al suo interno. Si tratta della
prima evidenza cosi' forte e diretta dell'azione dell'ipnosi sul
cervello, ha concluso lo studioso, e sara' da stimolo per ulteriori
studi sulla possibilita' di utilizzare l'ipnosi in campo clinico.

         
         


Fonte: Ansa (13/09/2004)

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giovedì, settembre 14, 2006

Ipnosi

Un'antica terapia che promette felicità
di:Silvana Kühtz, da La macchina del Tempo, pp. 107-110, Aprile 2005, n. 4, anno 7

Ipnosi, parola evocativa che difficilmente lascia indifferenti: solo a sentirla c'è chi prova immediata repulsione o paura, ricordando magari un film, e chi invece ne è affascinato. Considerata per anni una tecnica per tipi suggestionabili, da 40 anni l'ipnosi viene invece studiata scientificamente e trova spazio su riviste mediche specializzate.

Aumentano le conoscenze sull'ipnosi e diminuisce lo scetticismo ad essa associato. Scoperte recenti dimostrano che l'ipnosi può facilitare processi cognitivi (memoria, apprendimento), può aiutare a liberarsi da sintomi di tipo psicosomatico (cefalee, disturbi digestivi) o di tipo psichico (fobie, paure, insicurezze, ansia) e da dipendenze (fumo, alcol, cibo). Le ricerche hanno dimostrato che l'ipnotizzabilità non è legata a ingenuità, isteria, problemi psicologici, tendenza alla sottomissione, immaginazione. Anzi, senza l'attiva volontà del paziente l'ipnosi non funziona.
Ipnosi: qualcuno mette in trance un'altro.

Che cosa è la trance?

“È una fase di distacco, di apparente dormi-veglia” risponde Mauro Scardovelli, esperto di ipnosi, ”in cui i soggetti ipnotizzati rimangono comunque vigili.”

Qual è la differenza fra fasi del sonno e ipnosi?

“Durante il sonno la persona perde qualunque contatto col mondo esterno producendo, durante la fase R.E.M., i sogni” risponde Fabio Tamanza medico chirurgo, dentista, counsellor, esperto di ipnosi ericksoniana, insegna l'utilizzo dell'ipnosi nella relazione medico-paziente all'Università di Brescia “Durante la trance ipnotica invece, il contatto col mondo rimane, restando però come sullo sfondo di un'attenzione centrata sui propri processi sensoriali interni: immagini, suoni, sensazioni. L'ipnosi è essenzialmente uno stato di coscienza in cui la persona sperimenta una attenzione amplificata nei confronti del proprio mondo interno a scapito dell'attenzione al mondo esterno.”

Freud smise di praticare l'ipnosi dicendo che curava i sintomi e non le cause del disagio. È così?

“Va fatta una precisazione” afferma Scardovelli “quella di cui parlava Freud è ipnosi direttiva. Essa è ancora utile, per esempio, per ridurre il dolore fisico senza ricorrere all'anestesia, ma non si considera una forma di terapia. L'era moderna dell'ipnosi umanistica comincia con Milton Erickson. La forma direttiva è abbandonata, a favore di tecniche di induzione che aiutano la persona ad entrare in contatto con la sua mente inconscia, il suo centro vitale e creativo. La frattura e il conflitto conscio-inconscio, all'origine del disagio fisico e psichico, viene appianato e risolto parlando un nuovo tipo di linguaggio, idoneo a creare un ponte tra i due emisferi. Proprio consentire il collegamento fra i due emisferi, è il presupposto scientifico su cui si basa l'ipnosi, provato da molte ricerche scientifiche che vanno a studiare l'attività delle diverse porzioni del cervello.”

Come mai c'è ancora chi resta scettico nei confronti dell'ipnosi?

“Ormai il mondo scientifico approva studia e conosce questa pratica” interviene Tamanza “L'ipnosi ha spesso sollevato dubbi e superstizioni per l'uso da baraccone che se ne è fatto in passato e anche per la naturale paura dell'essere umano per ciò che è difficile da comprendere e per ciò che non si conosce. Oggi basta documentarsi un po' per rendersi conto della serietà degli studi scientifici che riguardano questa pratica.”

Sotto ipnosi potrei rischiare di levitare, di andare a camminare sui tetti e di fare qualcosa contro la mia volontà?

“Durante la trance ipnotica si possono verificare fenomeni che hanno a che fare con movimenti di varie parti del corpo come la levitazione di una mano o movimenti delle dita; questi sono dovuti alla possibile perdita del controllo conscio sulla muscolatura dato dal profondo rilassamento della trance e sono comunque il più delle volte percepiti dal soggetto.”

Sottolinea Tamanza “Bisogna chiarire comunque che non può essere mai indotto un comportamento che sia rischioso o lesivo per il soggetto o che vada contro la sua volontà, il suo sistema di valori e i suoi principi.”
“Infatti l'ipnosi umanistica è un modo per risvegliarsi ad una nuova e più profonda comprensione di sé e del mondo” sottolinea Scardovelli “A partire da Erickson, l'ipnosi clinica non mira a ipnotizzare le persone, ma al contrario, a de-ipnotizzarle, cioè a svegliarle dalla trance ordinaria o idiosincratica in cui comunemente si trovano, quello stato di coscienza condiviso per il fatto di appartenere ad una certa cultura.”

Sta dicendo che, per esempio, essere esposti alla TV, ad un linguaggio, ad un modo di pensare, ci fa vivere costantemente in uno stato di trance?

“Esattamente” conferma Scardovelli “attraverso educazione, esempi, messaggi e uso del pensiero-linguaggio, cui tutti siamo esposti, impariamo sin da bambini a operare certe distinzioni e non altre, a selezionare solo certe figure sullo sfondo e non altre. In altri termini, apprendiamo a percepire solo ciò che riusciamo a nominare, e a non percepire più ciò che sfugge al dominio di queste distinzioni linguistiche, relegandolo in tal modo nell'inconscio. Impariamo, cioè, a non vedere più intere porzioni della realtà (cancellazioni), e a deformare sistematicamente altre porzioni (distorsioni, proiezioni ecc.).”

Quindi l'ipnosi apre delle finestre anche linguistiche su un nuovo modo di vedere la vita quotidiana?

“Precisamente, in alcuni casi è come se ci ostinassimo a guidare l'automobile con gli occhi bendati. Ciò che occorre non è diventare più bravi come piloti, o avere più fortuna per evitare gli incidenti, ma è togliersi la benda e iniziare a vedere la strada lì dove si trova, e non dove alluciniamo che sia. L'ipnosi è appunto uno dei modi che può essere utilizzato per togliersi la benda dagli occhi.”

Nella sua esperienza, quale è l'ambito che più comunemente trascuriamo e deformiamo nel nostro stato ordinario di trance?

“Possiamo studiare tutta la vita, essere filosofi, scienziati, politici, insegnanti, ed essere però profondamente ignoranti nel campo delle relazioni interpersonali e della conoscenza di sé, gli ambiti in cui oggi alluciniamo di più.

Esistono persone brillanti nel loro lavoro che non riescono ad avere una relazione di coppia soddisfacente, padri e madri che non sanno come cavarsela con i figli, insegnanti che non comunicano con gli allievi, dirigenti e dipendenti che vivono relazioni frustranti. Ci sono persone che non capiscono cosa vogliono dalla vita, altre che soffrono disturbi psicosomatici, altre che sono affette da depressione, rassegnazione, cinismo.

Altre che si sentono cronicamente sole, insicure o ansiose, soffrono di fobie o attacchi di panico. Altre che sono limitate dalle loro compulsioni e avversioni. In realtà è soprattutto un modo di vedere le cose.”
Quindi viviamo tutta la vita indossando un paio di occhiali deformanti rispetto alla realtà. Ma se questa è la diagnosi, quale è la terapia? “Il recupero delle informazioni mancanti e delle informazioni corrette al posto di quelle distorte, per poter disporre di una mappa attendibile della realtà attraverso, per esempio, l'ipnosi” risponde Scardovelli.

Chi può ricorrere all'ipnosi? “Sono tentato dal dire tutti: non solo chi vuole risolvere specifici sintomi o problemi, ma anche chi mira a produttività, benessere e realizzazione, e desidera far emergere e sviluppare qualità dell'essere come pace, felicità, amore, fratellanza, creatività e gioioso entusiasmo.

Nella nostra cultura, improntata a individualismo e competizione, tali qualità restano sullo sfondo: non si fa nulla per riconoscerle e coltivarle, le si considera virtù innate neppure troppo auspicabili per farsi strada nella vita. Mentre dedichiamo anni e anni di scuola per apprendere discipline come la storia, la matematica o le lingue, considerate giustamente importanti, non dedichiamo alcuna attenzione ed impegno ad apprendere quell'insieme di qualità umane e spirituali, che sono decisive per la nostra realizzazione come persone, in mancanza o carenza delle quali insoddisfazione, sofferenza, rassegnazione, diventano nostri usuali compagni di viaggio.”

Molti esperti del settore, sulla scia di Freud, sostengono che l'obiettivo di una psicoterapia è raggiungere una “sostenibile infelicità”. Lei invece usa parole grosse come felicità, pace… “Sì, obiettivo della mia scuola, e di quanti in Italia usano queste tecniche, è recuperare la piena capacità di amare e vivere relazioni intense e felici, scoprendo che esse sono a portata di mano, e fanno parte della nostra più intima e profonda natura. Non dobbiamo accontentarci di raggiungere una sostenibile infelicità: sarebbe un tradimento del nostro sé profondo.

Per accedere alle qualità dell'essere è indispensabile una sorta di risveglio. Solo in tal modo riusciamo a vedere con chiarezza che le fonti della nostra infelicità risiedono al nostro interno, nel fatto di aver condiviso e assecondato le usuali motivazioni dell'EGO: paura, avidità, dominio, orgoglio, immagine. Esse agiscono come inquinanti che avvelenano la nostra mente, ci relegano nell'inconsapevolezza, e ci rendono incapaci di amare e gioire.” Direbbe quindi che, se l'ipnosi umanistica fosse più conosciuta e praticata, contribuirebbe allo sviluppo di un'autentica cultura di pace? “Senza dubbio, sono convinto che i semi della guerra vanno cercati al nostro interno, nello stato di coscienza ordinario, saturo di virus competitivi, e nelle nostre abitudini e scelte di vita scarsamente ecologiche e rispettose della nostra vera natura e delle nostre qualità spirituali.”

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lunedì, agosto 28, 2006

Parto e Ipnosi

Ultima parte

L'autoipnosi suggerita e sostenuta continuatamene mobilita il soggetto verso una continua ricerca interiore e verso quella autoesplorazione cara a Milton Erickson. Grazie all'autoipnosi diventa possibile l'acquisizione di livelli elevati di abilità in una integrazione mente-corpo.

Naturalmente l'autoipnosi svincolata completamente da una relazione terapeutica non è assolutamente appropriata nel caso di problematiche psicologiche gravi. Wilbacher (comunicazione personale, 2002) consiglia l'uso dell'autoipnosi come forma di terapia di mantenimento durante e in seguito a una terapia ipnotica breve. Crasilneck (1975) suggerisce ai pazienti di attenersi nella propria pratica autoipnotica a insiemi di suggestioni legati strettamente al lavoro terapeutico in corso. Nella ipnosi moderna viene ampiamente valorizzata la responsività in luogo della suggestibilità in una visione evocativa dei fenomeni ipnotici (Ducci 2002). La pratica dell' autoipnosi fondata sull'accrescimento della percezione di sé sembra porsi coerentemente in linea con ciò.

Non si può non concludere senza fare un doveroso accenno alla formazione professionale in ipnosi clinica e ai modi più opportuni per organizzarla intorno alla consapevolezza e allo sviluppo delle capacità autoipnotiche dell'allievo. Tutto il mondo formativo sta facendo un notevole sforzo per superare le limitatezze del pensiero orientato agli obiettivi e all'esclusiva attenzione alle tecniche (Short, 1999). Si vanno proponendo metodologie indirette come il metodo della narrazione, apprendere attraverso il raccontarsi, descrivere le proprie emozioni in rapporto alla relazione con l'altro (Kaneklin, 1998).

Nell'ambito formativo strettamente ipnotico da una indagine condotta da Wilbacher e Gandolfi (1998) risulta che un'alta percentuale di allievi ritarda o abbandona definitivamente l'uso professionale dell'ipnosi. Dopo una fase iniziale di apparente sicurezza nel corso della formazione, alla fine di questa l'allievo entra in una fase mentale di shock che può portare all'abbandono dell'ipnosi in quanto si ritrova da solo a gestire l'impatto emotivo del lavoro in trance. Il neo terapeuta prova disagio per le sue risposte corporee e emotive. L'atto di indurre la trance nel paziente produce simultaneamente uno stato autoipnotico nell'ipnotista. Diversamente dalle altre forme psicoterapeutiche dove l'apprendimento emozionale del sé avviene in modo graduale, in ipnosi l'impatto è immediato e inaspettato.

Nell'indagine emerge che gli allievi non riescono a fornire una risposta soddisfacente in merito all'abbandono dello strumento ipnotico in favore di altri approcci terapeutici, ma solo se l'allievo attiva uno scambio emozionale con il formatore riesce a entrare in una fase mentale di superamento che lo aiuta a neutralizzare lo shock e a far funzionare la mente sintonicamente e simultaneamente fra processi emotivi e razionali.



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giovedì, agosto 24, 2006

La preparazione al Parto

(seconda parte)

CONCLUSIONI
La questione autoipnosi può essere affrontato da più punti di vista. L'autoipnosi può essere vista essenzialmente come il prodotto di una precedente ipnosi e susseguente suggestione post-ipnotica e dunque non esistere come fenomeno autonomo. Viceversa si può essere convinti che l'ipnosi abbia luogo solo a patto che il soggetto si renda disponibile a produrre la propria autoipnosi e dunque è solo l'autoipnosi a esistere.

Ad ogni modo avvengono nella fenomenologia della coscienza una serie di eventi aspecifici, senza una intenzionalità esplicita finalizzata alla produzione di una trance che non sono facilmente collocabili e definibili.

La coscienza va incontro ordinariamente a un processo di discontinuità in cui diventa operante il meccanismo dissociativo. I cosiddetti sogni a occhi aperti non rispondono a una casualità rintracciabile nella mente conscia, ma a importanti bisogni del sistema mente-corpo.

Di fatto l'evento autoipnotico può avvenire all'interno o all'esterno di una cornice terapeutica.

La stessa relazione terapeutica non è altro che una fitta trama di stati di coscienza auto/etero indotti.

Ognuno può autonomamente misurarsi con un universo di risultati desiderati e desiderabili per sè, ma in assenza della supervisione di un ipnotista esperto può essere difficile porsi obiettivi adeguati e appropriati.

Crasilneck (1975) cita una serie di esempi in cui persone non educate al corretto uso dell'ipnosi possono fare richiesta di un training autoipnotico finalizzato al raggiungimento di obiettivi irrealistici e qualche volta non sani.

Un avvocato aveva fatto richiesta di imparare a dormire tre ore a notte, mentre uno studente mediocre voleva assicurarsi voti eccellenti.

In autoipnosi il saper fare è una dimensione intimamente legata alle potenzialità soggettive presenti e non alla fantasia di un fare straordinario

Erickson (1987) ha sostenuto più volte il fenomeno dell'interferenza di obiettivi apprezzabili da parte della coscienza, ma in disaccordo con i bisogni dell'inconscio.In tal senso sottolineava che l'insistenza a interferire coscientemente con l'inconscio determina l'insorgenza di un problema.

Ne possiamo trarre che fare autoipnosi senza una consapevolezza di come dimensionarla correttamente può produrre danni.

Al contrario nell'ambito di una relazione terapeutica si può ragionevolmente concludere che a prescindere se sia fatto in modo deliberato o no si sviluppa sempre una qualche forma di autoipnosi nel soggetto in terapia anche non esplicitamente ipnotica. Del resto Lankton (1984) ha dimostrato che gli stati ipnotici sono presenti in molte forme terapeutiche e coinvolgono pazienti e terapeuti.

Oltre a ciò occorre distinguere gli eventi di autoipnosi spontanei da quelli strutturabili in un addestramento esplicito.

Impegnare già nelle prime fasi della terapia il paziente in un vero e proprio training autoipnotico significa operare strategicamente e apertamente sullo svincolo e l'autonomia del soggetto.

Per di più rinforza la convinzione di poter godere di un controllo su aspetti inattesi della propria vita.
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mercoledì, agosto 16, 2006

La preparazione al Parto

(prima parte)

Il parto per una donna rappresenta un evento della vita ricchissima di significati socioculturali di cui l'ipnotista deve tener conto nel momento in cui opera. Il lavoro preparatorio al parto deve necessariamente essere sufficientemente articolato per consentire un alto grado di efficacia. L'approccio diretto fondato semplicemente su ingiunzioni del tipo 'Voglio che lei abbia un parto indolore' non ha in genere buone speranze di successo. Con un approccio decisamente indiretto e frazionato Erickson predisponeva un ampio piano che mobilitava un vastissimo insieme di esperienze estesiche personali e agiva sulla modificazione discreta delle aspettative sul dolore evocando nella mente della donna l'idea della dilatazione esemplificandola con comportamenti spontanei e naturali.

Può sentire o non sentire l'anello al dito o le scarpe ai piedi.
E' necessario soffrire nella peristalsi?
Aprire le dita delle mani fa male?
Come la prenderà quando aspettandosi di soffrire, non soffrirà?
(Erickson, 1988)

Nella preparazione al parto l'ipnotista deve accertarsi non solo che la donna abbia effettivamente appreso l'uso della tecnica, ma anche che condivida gli obiettivi del lavoro e si sinceri dell'applicazione di alcune precauzioni.

In ogni trattamento che abbia a che fare con il dolore, questo non può essere eliminato completamente.

Erickson (1982) riferisce di un caso in cui una donna desiderava sentire a pieno tutta l'esperienza della nascita senza essere distratta dal dolore. Voleva sentire piacevolmente le contrazioni dell'utero come se avesse inghiottito una ciliegia intera e la sentisse scivolare comodamente lungo l'esofago.

Pertanto Erickson indusse inizialmente una anestesia completa che poi trasformò nel tipo di analgesia richiesta dalla paziente. Dopo di chè addestrò la paziente a sviluppare una profonda trance postipnotica sonnambulica che si sarebbe attivata all'inizio del travaglio e che le avrebbe permesso di partecipare all'intero evento.
Ala fine del travaglio, una volta ritornata nella sua stanza, sarebbe caduta in un sonno profondo e riposante per circa due ore.

Dopo due anni, la donna tornò da Erickson in quanto aspettava il secondo bambino. In questo caso bastarono tre ore di trance profonda per ristabilire lo stesso apprendimento autoipnotico.

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mercoledì, agosto 09, 2006

ASMA BRONCHIALE: PROTOCOLLO DI TRATTAMENTO PSICOSOMATICO CON CICLO BREVE DI IPNOTERAPIA

Da una ricerca del :

Dott. Flavia BARBAGELATA
Centro Medicina Psicosomatica
Medico chirurgo, specialzzata in allergologia e immunologia clinica; psicosomatica; ipnosi
Sezione S.I.M.P San Carlo Borromeo – Naviglio Grande

Abstract

L’asma bronchiale è una delle malattie psicosomatiche più conosciute. Abbiamo oggi diversi modelli psicogenetici che ci descrivono in che modo l’esperienza psichica dei primi mesi di vita si riflette sull’asse immunoendocrino, determinando le condizioni sulle quali si potranno esprimere i fattori genetici ed etiologici che scateneranno poi la patologia. Nel caso dell’asma la familiarità atopica e la presenza di sensibilizzazioni ad allergeni inalanti confluiranno con la risposta agli “stressors” biochimici, determinando quell’insieme di flogosi e di risposta neuroautonoma alterata che provoca il broncospasmo. Alla luce di queste considerazioni, abbiamo elaborato un protocollo di intervento specifico, con l’obiettivo, in primo luogo, di ridurre l’ansia anticipatoria correlata all’esperienza broncospastica, poi di intervenire parallelamente sul profondo atteggiamento “hopless & helpless” che osserviamo in questi soggetti. A questo scopo abbiamo ritenuto particolarmente idoneo un intervento di tipo ipnotico individuale, eventualmente allargabile al gruppo.

Inizialmente lavoriamo sulla costruzione del senso corporeo, ponendo particolare attenzione allo sviluppo di un rilassamento somatico generalizzato, in associazione al rinforzo dell’IO. Gradualmente rendiamo i pazienti consapevoli della loro capacità di respirare automaticamente; questa delicata fase è fondamentale nel processo di costruzione di fiducia del paziente nei confronti del proprio corpo, in particolare il sistema respiratorio, sperimentato come organo “ ostile”. In seguito somministriamo visualizzazioni positive di cambiamento per rispondere all’“angoscia di morte” correlata all’esperienza asmatica ed alla staticità comportamentale secondaria alla memoria psichica negativa che appare in questi soggetti. Infine modifichiamo l’atteggiamento cognitivo del paziente asmatico verso la propria percezione dell’allergene nell’aria respirata e parallelamente verso il significato della reattività bronchiale; questo per spostare profondamente la reazione d’angoscia automatica, direzionando la risposta comportamentale ed autonoma verso l’atteggiamento corretto. La tecnica ipnotica adottata è nella prima fase di tipo diretto; poi introduciamo gradualmente l’autoipnosi , fino a che il paziente ne acquisti confidenza. Questi soggetti manifestano inizialmente una forte dipendenza ed un profondo bisogno di essere sostenuti e guidati; poi, nel corso del trattamento, sperimentano l’esperienza dello sviluppo di una liberante progressiva autonomia.

Introduzione

Con questa relazione proponiamo la nostra strategia di intervento nella cura della malattia asmatica, per mezzo di un protocollo di ipnoterapia da somministrare parallelamente al trattamento farmacologico usuale, con l’obiettivo di migliorare la risposta a quest’ultimo. Crediamo profondamente che una sinergia di intervento tra medici e psicologi possa consentire di affrontare tutti gli aspetti che questo disturbo presenta.

Aspetti organici medici

In accordo con l’ultima definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’asma bronchiale è una malattia caratterizzata da crisi respiratorie e/o broncospasmo, che si sviluppano in 4 stadi di gravità fino a diventare continuative. È un disturbo fortemente limitante, ed è causa di profonda sofferenza . Il trattamento farmacologico deve ancora spesso ricorrere ai corticosteroidi, nonostante i passi in avanti della ricerca, ed all’oggi non esistono possibilità di guarigione completa, anzi ancora di asma si può morire.

Crediamo importante per tutto il mondo scientifico la ricerca di nuove strade che cerchino di modificare questo destino. E l’approccio psicosomatico può essere una nuova interessante possibilità.

Aspetti neurofisiologici

Le conoscenze degli ultimi 30 anni inseriscono l’asma bronchiale tra le principali e meglio conosciute malattie psicosomatiche. Infatti l’alterazione organica reversibile dei bronchi creata dalla flogosi allergica classica che si instaura nel polmone, non è sufficiente a spiegare l’imponente disfunzione respiratoria che osserviamo nell’asma.

Altri elementi giocano un ruolo nel quadro che la malattia ci presenta.

Innanzitutto dati in letteratura suggeriscono la presenza di un sistema biologico profondo che mette in rapporto allergia, resistenza alle infezioni e psiche. Questi fattori sono correlati tra loro mediante una interazione dinamica dove ognuna delle tre forze è in grado di produrre malattia; ogni settore può interferire con l’altro e ciascuno può innescare il circolo vizioso della reazione a catena. Questo comportamento ci rimanda al modello di comunicazione evoluto tipico della rete immuno-neuro-endocrina. In effetti sappiamo che nel micro-ambiente intercellulare si realizza un flusso importante di informazioni attraverso i diversi compartimenti, ed ogni attività di tipo psichico o nervoso può essere tradotta in reazioni corporee. Col diffondersi di queste conoscenze dovute alla psico-neuro-endocrino-immunologia anche la medicina classica ha finito per ammettere le strette correlazioni tra reazioni somatiche e psichiche, specie a livello del sistema immuno-allergico, determinante nella patogenesi dell’asma. Molti autori descrivono modificazioni dei parametri immunitari di fronte ad uno stress emozionale, e probabilmente tutte le malattie organiche risentono dello stato psico-emotivo, il quale, quando viene insultato cronicamente, provoca disfunzioni nei sistemi biologici più profondi. L’insorgere della malattia sceglierà il distretto corporeo più debole sul quale opera una predisposizione genetica. Alla fine in ogni caso singolo osserveremo un equilibrio specifico tra fattori biologici e psichici.

Per quanto riguarda il sistema nervoso autonomo, è stata sottolineata la possibilità di una sua influenza diretta sul reclutamento immunitario, come pure sulla stimolazione ad attivazione mastocitaria, tramite la liberazione di acetilcolina da parte delle terminazioni nervose parasimpatiche vagali, che vanno a interagire con i recettori di membrana. Mediante questo meccanismo il sistema nervoso autonomo parasimpatico può innescare reazione a cascata del mastocita che determinerà la flogosi immuno-allergica di tipo I, cioè la reazione allergica. È nota poi la sua attività broncocostrittiva. Dall’altro lato il sistema ortosimpatico sappiamo che possiede una potente azione bronco-dilatatrice ed antiallergica. Normalmente il sistema orto e parasimaptico si mantengono in un equilibrio reciproco, in grado di lasciare silente il terreno atopico nei polmoni. Ma quando le condotte psichiche si cronicizzato in un automatica reazione di fuga ( parasimpatica ) le stimolazioni colinergiche si incrementano, favorendo la liberazione dei mediatori dell’allergia e la risposta broncospastica. Una reazione di “attacco” ortosimpatica potrebbe intervenire liberando adrenalina e quindi aprendo le vie bronchiali ed interrompendo la reazione allergica. Ma l’abitudine ad un cronico stile di risposta allo stress è spesso più forte, e quindi la malattia può instaurarsi

Aspetti psicologici

È un esperienza molto comune, tra gli specialisti del settore, la difficile gestione dei pazienti asmatici allergici, nonostante un nuova e specifica potenza dei farmaci a disposizione. Spesso queste persone tornano dai medici lamentando la persistenza di disturbi apparentemente ingiustificati, se posti in relazione al quadro clinico che presentano. Forte malessere, inefficacia dei trattamenti, accanto al rifiuto pregiudiziale degli stessi o nei confronti delle istruzioni di comportamento date, fondamentali nell’allergia e nell’utilizzo delle formulazioni inalatorie. Specialmente quest’ultimo atteggiamento, nel caso dell’asma, disturba i sanitari perché paradossalmente opposto alle loro aspettative di fronte ad una malattia che chiede così fortemente aiuto e guida. Sono questi pazienti che finiscono per mettere in atto condotte paradossali ambivalenti con la loro sfiducia nei confronti della medicina e del medico, che pure apparentemente adulano e temono. Così l’asmatico, specialmente il tipo atopico puro, di solito finisce per stancare con le sue aspettative di un miracolo. Il medico spesso avverte come fastidiosa la presenza di gravi sintomi e sofferenza accompagnati in modo contraddittorio da indifferenza comportamentale. Tutti questi elementi inducono nei sanitari, non preparati ad una lettura profonda dei loro pazienti, un sentimento di inadeguatezza e fastidio. Inevitabilmente si mette in moto un meccanismo di rifiuto inconscio. Avviene che le persone che dovrebbero dare loro sicurezza e protezione, sono in qualche modo allontanate e rese sorde alla richiesta passiva di aiuto che gli asmatici vivono disperatamente. Alla fine un comportamento inconscio del paziente condiziona una mancanza di cure secondarie adeguate. Si ripete così quella esperienza di precoce solitudine che ha innescato il loop psicosomatico, quasi una coazione a ripetere.

La letteratura scientifica ci descrive, in questi pazienti, una particolare percezione del sé corporeo, una alterata esperienza del polmone e della respirazione.

Misurando la riduzione del flusso respiratorio con la spirometria, osserviamo un gran numero di situazioni più critiche rispetto all’asma, come tumori o malattie polmonari croniche, ma solo nel soggetto asmatico osserviamo correlata alla mancanza del respiro una condizione di sofferenza così drammatica. L’angoscia manifestata si può giustificare in parte per la forte emozione che l’improvvisa mancanza d’aria può suscitare nell’individuo che sperimenta il broncospasmo, al di là dell’effettiva riduzione del volume respiratorio mancante, in parte anche per il particolare rapporto tra IO e “Mondo”, che si realizza nel soggetto atopico, cioè dal vissuto dell’esperienza allergica.

Fattori anatomo-fisiologici: polmone (esperienza del limite)

Il polmone è un organo molto particolare. Modificando la sua funzione da passiva (liquido amniotico) ad attiva (aria), rappresenta alla nascita il primo momento in cui il bambino sperimenta la sua capacità di sopravvivere; è il luogo dove si realizza il primo distacco dalla totale dipendenza verso la necessità biologica di autonomia. L’angoscia di morte che si realizza in quei momenti scatena l’istinto di sopravvivenza a superare la paura dell’inadeguatezza del corpo, ancora non percepito come un sé separato dalla madre, e dell’ambiente esterno sconosciuto, che non è ancora “altro da sé”. Nella mente vergine si registra questo primo vissuto di fragilità e limitazione, associandolo alla reazione di risposta innata, espressa dal grido che accompagna la vita che nasce. Segue la prima elaborazione mentale dell’ambiente esterno con le sue risorse, di un mondo “fuori di sé” che deve essere in grado di rispondere ai propri bisogni, ed accanto la percezione di un sé-corpo dipendente, completamente condizionato dalla necessità di adeguate sorgenti di vita, come l’aria. Generalmente la funzione respiratoria diviene automatica in pochi minuti e la consapevolezza del respiro viene rimossa. Ma quando occorre una inaspettata perdita di aria o blocco respiratorio, riemerge il ricordo delle prime terrorizzanti esperienze di sopravvivenza. Le crisi d’asma ripetute riattivano quella profonda paura di inadeguatezza, fragilità e dipendenza.

Fattori intrinseci: la costituzione genetica (esperienza della diversità)

L’asmatico allergico sperimenta una particolare esperienza del proprio corpo segnato dal terreno genetico atopico, che comporta una serie di vulnerabilità costituzionali. Come una cute delicata e secca, particolarmente sensibile ad aggressioni chimico-fisiche, o mucose facilmente irritabili, nell’intestino (intolleranze) e nelle vie bronchiali, reattive con spasmo bronchiale a fattori vari, anche aspecifici. La comparsa di sensibilizzazioni poi porta con se una forte destabilizzazione ed una profonda sfiducia verso il proprio corpo, sia perché le allergie stesse comportano reazioni fortemente irritanti ed alcune volte pericolose, sia perché la reazione allergica ha la caratteristica di innescarsi solo dopo un primo contatto innocuo con la sostanza che provoca l’allergia. Poi inaspettatamente si sviluppa. E questo può avvenire nei confronti di varie sostanze, lungo il corso di tutta la vita, aumentando ed favorendo nuove altre sensibilità. Tutto ciò rende quasi impossibile l’integrazione di queste modalità reattive all’interno di una consapevolezza del “self” corporeo, come invece accade quando si tratta di altre caratteristiche costituzionali genetiche, come ad esempio i tratti razziali. Così gli allergici divengono persone confuse, spaventate di tutto perché tutto potrebbe essere pericoloso.

Il problema è che questo fatto biologicamente corrisponde alla realtà.

Fin dall’infanzia, l’esperienza corporea del bambino allergico registra il fondo biologico ipersensibile e vulnerabile conseguente all’atopia, accanto al timore del pericolo per lo sviluppo di nuove allergie; passo dopo passo tutto questo porta il soggetto a sentirsi diverso dagli altri, costantemente “a rischio”, privato nel diritto a lasciarsi andare alla vita. Purtroppo gli asmatici non possono neppure tentare di negare, rimuovere o sottovalutare il loro malanno perché senza tutta una serie di particolari e consapevoli precauzioni, le allergie tendono a peggiorare e moltiplicarsi.

Un cenno anche alla familiarità atopica: la trasmissione genetica tra genitori e figlio non si limita ai comportamenti e ai modelli di pensiero, vengono trasmessi anche le reattività biologiche e ciò che ne consegue.

Fattori estrinseci: l’ambiente (esperienza del mondo esterno)

L’atopia è la conseguenza di un disordine genetico del sistema immunitario. I pazienti asmatici sono quindi facilmente esposti a contrarre infezioni, inoltre ogni infezione alle prime vie aeree può scatenare una crisi asmatica. Sono perciò costretti ad elevate attenzioni verso tutto ciò che potrebbe causare rischio nell’ambiente circostante: la stagione invernale, le comuni malattie infettive da freddo, la presenza di irritanti nell’aria ambientale. Devono evitare di vivere in presenza di fumatori, di effettuare uno sforzo fisico, di correre contro al vento, di ridere e piangere. Provocherebbero un attacco d’asma. Questo causa angoscia e fobia di tutto ciò che è fuori dal controllo, come i cambi di stagione o lo spostamento verso un altro luogo; si instaura una condotta paranoidea. Interiormente si struttura la convinzione di essere imprigionati, costretti nella possibilità di vivere liberamente, come per il vissuto dell’handicap. L’asmatico appare inoltre controllato e timido, incapace di comunicare le proprie emozioni agli altri. Ciò trova spiegazione nel suo pattern psichico che, accanto alla fragilità ed insicurezza, presenta rabbia ed aggressività nei confronti di tutti coloro che, ai suoi occhi, sono colpevoli di poter vivere una vita normale; tuttavia la necessità di mantenere ogni cosa, incluse le proprie emozioni, sotto controllo ed il bisogno di dipendenza dagli altri, cortocircuita queste emozioni aggressive profonde e le traduce in un atteggiamento di sottomissione compiacente.

Aspetti psicosomatici

L’asma bronchiale si sviluppa su un terreno genetico atopico, ma condivide con altri disordini psicosomatici una struttura psichica ormai accertata: l’alexitimia. Questa assenza di “insight” accanto allo sviluppo di somatizzazioni, lo ritroviamo spesso come conseguenza di un contesto familiare, con la tendenza ad invischiare i bambini nei conflitti parentali. In merito agli aspetti psicosomatici, l’attuale conoscenza della patogenesi dei disordini immuno-allergici, è estesa. Essere allergico non significa necessariamente diventare asmatico. Ci devono essere dei fattori che determinano la localizzazione del problema allergico sui bronchi piuttosto che su altri distretti corporei.

La pneumografia mostra come l’attacco asmatico appaia molto simile al pianto disperato del neonato, quasi come se la crisi avesse il significato di un “grido di aiuto” per attrarre l’attenzione, l’amore e l’affetto della mamma. L’asma sembra rimandarci l’eco della sofferenza del bambino che sperimenta una madre irresponsabile, lei stessa dominata dai bisogni, ansiosa, e quindi non in grado di dare od esprimere il proprio amore o l’amore che percepisce. Di fatto, un madre non in grado di sostenere i bisogni del proprio bambino.

La storia psicologica dell’asma inizia in epoca neonatale, quando il piccolo totalmente debole ed inadeguato alla vita, si rivolge senza riserve al rapporto con la madre, per la soddisfazione dei propri bisogni di attaccamento e dipendenza. Ma si trova di fronte una madre ambivalente, da un lato molto tenera e seduttiva, dall’altro incapace di riconoscere i reali bisogni del bambino. Questa, alle richieste, risponde in modo inadeguato; agisce troppo e troppo spesso inutilmente. L’inefficacia di questi comportamenti la porta ad essere ansiosa ed ad aumentare ancore le risposte, purtroppo comunque qualitativamente inadatte. Infine si stanca peggiorando ancora di più la sua incapacità di rispondere ai bisogni del bambino, che non saranno mai soddisfatti. La frustrazione materna potenzierà il rifiuto materno originario. Il bimbo, che assiste alla negazione dei propri bisogni, sviluppa a sua volta una profonda rabbia ed aggressività, che tuttavia trova grandi difficoltà ad esprimersi, perché in questo momento il bambino non può permettersi di rivolgersi contro qualcuno dal quale è del tutto dipendente, quel “mondo – mamma” che gli permette la sopravvivenza. Il bambino inibirà l’aggressività ritorcendola contro sé stesso, fuggirà dalle emozioni stressanti. Col tempo questa situazione si cronicizza nella risposta parasimpatica allo stress (fuga), attraverso l’inibizione della via adrenalinica, che si attiverebbe con la liberazione dell’aggressività(attacco).

Questo modello descrive in che modo la fragilità bronchiale genetica in condizioni di stress finisca per dar luogo alla costrizione dei bronchi al posto della normale bronco-diatazione. Non solo: se osserviamo il fatto che una reazione allergica può essere interrotta dalla somministrazione di adrenalina, noi possiamo ipotizzare che la stessa flogosi scatenata dagli allergeni trarrebbe beneficio da una reazione allo stress di tipo attivante ortosimpatico. Queste considerazioni ci consentono di ottenere un profilo psico-neuro-biologico dell’espressione della atopia che si realizza nell’asma bronchiale.

Per tutta la vita l’asmatico manterrà questa perdita di sicurezza di sé e il bisogno di protezione. Sarà sempre spaventato di ripetere l’esperienza dell’essere negato. Questa è la regione per cui nello sfondo di un attacco asmatico noi spesso troviamo il “leit motiv” di separazione, partenza, gelosia, nascita di fratelli. Per proteggere sé stessi verso questi ed altri rischi, osserveremo quell’atteggiamento compiacente attraverso il quale gli asmatici tenteranno di attrarre la benevolenza di altre persone, specialmente di figure chiave. Per essere amati cercano di apparire perfetti, intelligenti, superiori, ed adeguandosi ai modelli conformati divengono efficienti e produttivi. Interiormente percepiranno una ’immagine di sé imprigionata dalla vita, profondamente impotente, incapace di comunicare la sua pesantezza, che desidererebbe essere capita ma che non crede ciò possibile. In psicologia questa condizione è stata identificata come “atteggiamento hopeless & helpless”.

Conclusioni

Troppo spesso la psicologia interviene in una fase tardiva, per singoli casi e con modalità che dipendono più dalle inclinazioni del terapeuta che dalla patologia psicosomatica che si va ad affrontare. Parallelamente troppo spesso l’azione dei farmaci è in questa malattia una “terra di nessuno”, che delude le aspettative.

Al giorno d’oggi nessuno nega più l’importanza degli aspetti psichici, nello sviluppo delle malattie allergiche, tuttavia i farmaci sono ancora gli unici presidi utilizzati nel trattamento di queste patologie. Si ritiene che circa un terzo dei allergie sono scatenate o vengono amplificate da fattori psichici.

Con l’elaborazione di questo protocollo intendiamo ricercare un metodo rapido ed agevole, in grado di aiutare i nostri pazienti asmatici. Questo metodo impegna pochi mesi e potrebbe integrare proficuamente il classico trattamento dell’asma; con gli opportuni adattamenti potrebbe forse essere somministrato anche in gruppo.

Attualmente questo protocollo è operante presso il Servizio di Psicosomatica del nostro Ospedale. La casistica si sta arricchendo in questi anni e dalle prime impressioni, ancora basate su pochi casi, rileviamo che in genere i pazienti, abituati a considerare l’asma una malattia del corpo, di fronte alla proposta di un trattamento ipnotico reagiscono con perplessità e diffidenza, quando non sono spaventati. Ma una volta superato l’impatto iniziale iniziano davvero a gradire questo tipo di esperienza. Inizialmente supportati da noi, li osserviamo gradualmente introvertire l’affetto verso il proprio corpo e poi verso una vita precedentemente temuta. Scompare il timore del fantasma dell’asma; si libera una totale complicità, accettazione ed attaccamento nei confronti del proprio corpo, vissuto come alleato. L’ipersensibilità viene vissuta come una speciale sensibilità psico-fisica, un talento che permette l’acquisizione di molteplici informazioni utili per sopravvivenza.

I risultati acquisiti per il momento, in questa esperienza, ci confortano nella speranza di muoverci verso la direzione giusta.

Per maggiori dettagli sulla ricerca visitate: L'Articolo

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sabato, agosto 05, 2006

L’ipnosi come trattamento integrativo nella cura dell’obesità.

Ricerche di medicina complementare in Lombardia

Studio clinico di efficacia e di efficienza
Progetto osservativo preliminare

L. Merati, F. Barbagelata, D. Noè*, P. Lanzi*, R. Ercolani, R. Galeaz, L. Grigoletto, M. Porreca, M. Poli
Centro Ambulatoriale di Medicina Psicosomatica - U.O. Semplice di Dietologia * - U.O.Medicina I° - A.O. Ospedale San Carlo Borromeo, Milano

INTRODUZIONE

L’insoddisfazione e la svalutazione del corpo, le preoccupazioni ossessive per la propria immagine, le aspettative irrealistiche affidate alla perdita di peso sono aspetti psicologici che condizionano spesso il soggetto con sovrappeso/obesità e che devono essere valutate, sia in fase diagnostica che nel corso del trattamento.(1) La constatazione della frequente inefficacia a lungo termine dell’approccio nutrizionista tradizionale, anche se affiancato a sostegno farmacologico od a tecniche chirurgiche e la difficoltà per il S.S.N. di offrire un adeguato sostegno psicoterapico per l’ingente impegno di risorse (personale specializzato e servizi dedicati), ci ha indotto a sperimentare, in collaborazione con l’ l’UOS. dietologica del nostro Ospedale, su una casistica di obesi/sovrappeso resistenti alla dieta, una tecnica efficace, breve ed a basso costo come l’ ipnoterapia di gruppo, secondo un protocollo con sequenza predefinita di suggestioni specifiche. Il progetto si pone l’obiettivo di verificare se l’affiancare ad una dieta l’ipnositerapia, tecnica di medicina complementare riproducibile, spesso efficace e risolutiva anche sul piano psicosomatico e di relazione con l’ambiente, è in grado di aumentare la compliance del paziente verso la dieta e di modificare le abitudini alimentari mantenendole nel tempo, riportando il peso ad un indice di minor morbilità e mortalità (B.M.I.=<25) ed infine di migliorare la qualità di vita, mediante l’aumento di consapevolezza e stima di sé, la migliorata immagine corporea e l’ incremento dell’ autopercezione cenestesica acquisita attraverso l’ ipnosi. Ciò dovrebbe concretizzarsi in un aumento dei consumi calorici, con caduta del BMI e parallela riduzione del carico socio-assistenziale.

MATERIALI E METODICHE IMPIEGATI

Lo studio ha analizzato 47 pazienti (39 f – 8m), adulti (età media 45,25 aa), con sovrappeso/obesità BMI medio= 35,55) secondario a sovralimentazione e resistenti alla dieta, a ridotto rischio psicotico. 12 soggetti hanno interrotto il trattamento o non sono pervenuti al follow up (Drop out)

Le sedute di terapia, per gruppi di 5 – 8 soggetti, hanno richiesto una sala counceling ambulatoriale, e 2 operatori (terapeuta ipnologo + osservatore esterno); della durata di 120 min., i 30’ iniziali e finali sono stati riservati alle interazioni del gruppo e i 30 min. centrali all’induzione ipnotica vera e propria.

Lo studio si è articolato in 4 fasi: a) arruolamento dei pazienti b) trattamento (8 sedute settimanali). c) follow up (6 mesi). d) elaborazione e analisi dei dati, stesura dei risultati e prime considerazioni di efficacia.
All’arruolamento abbiamo raccolto i dati basali (anamnesi, es. obiettivo, terapie pregresse ed in corso), e psicometrici (SIS I, Eating Disorder EDI 2), ripetuti alla fine del ciclo di ipnoterapia ed a 6 mesi, per la valutazione clinica di efficacia (peso iniziale, diario sintomi, qualità di vita e disabilità) e di efficienza (numero di giorni lavorativi persi, visite mediche o in pronto soccorso, ricoveri, analisi laboratoristiche o strumentali). A questo scopo sono stati costruiti tre indicatori specifici per i comportamenti patologici, qualità di vita e ricadute socio-assistenziali: 1- Indice di Compulsivita’ 2- Benessere Soggettivo. 3 –Consumo di Risorse.
La valutazione è stata effettuata rilevando le variazioni nel tempo dei 4 parametri rilevati: 1) B.M.I. 2) Compulsività. 3) Benessere soggettivo. 4) Consumo di risorse. I dati sono stati trattati statisticamente secondo la prassi corrente che prevede i seguenti passaggi. a)data cleaning b)data input c)analisi della varianza per variabili parametriche (Test di Student).

RISULTATI

I dati relativi ai pazienti ai sottoposti all’intero ciclo di ipnoterapia di gruppo che sono pervenuti al follow up a 6 mesi (35 pz.) mostrano una significativa e progressiva riduzione del peso corporeo che continua nel tempo. A fine terapia (2 mesi) osserviamo una caduta della media del BMI, che si accentua a 6 m., mostrando un trend in discesa significativo (T.di Student p<0,01). Il trend positivo si conferma anche nell’andamento dei dati relativi alle condotte psichiche patologiche (Compulsività) con medie che si riducono decisamente già alla fine del trattamento; ciò appare strettamente correlato alla azione terapeutica dell’ipnosi. (p<0,01). A questi corrisponde un progressivo ed estremamente significativo miglioramento della qualità di vita (P<0,001), indicata dall’indice di Benessere soggettivo medio, con andamento graduale e costante nel tempo. Confermano i dati precedenti i risultati relativi al consumo di risorse a causa di disturbi relativi al peso corporeo, come visite, controlli, ricoveri, perdita di giorni lavorativi ecc. Alla massiccia riduzione dei bisogni intervenuta durante la terapia, segue un ulteriore progressivo decremento che porta l’osservazione statistica a risultati assolutamente significativi, (P<0,0001 E-6).

CONCLUSIONI

Uno dei problemi principali nel trattamento dell’obesità è quello di ottenere, con tecniche tradizionali (dieta, esercizio fisico, terapia farmacologica e chirurgica), una rapida perdita di peso, che tuttavia tende a fermarsi e spesso a ritornare ai valori iniziali, dando luogo a quella che è stata definita “la sindrome jo-jo”, dove a ripetute diete consegue uno stato di ‘refrattarietà’ psicofisica del soggetto, che rende vano ogni ulteriore intervento.
Nella nostra casistica, di soggetti ‘difficili’ alla rieducazione alimentare,.abbiamo assistito già dalla fine del trattamento ipnotico (2 mesi) ad un miglioramento di tutte le variabili considerate: massa corporea, compulsività, benessere soggettivo e consumo di risorse economiche per disturbi correlati al peso. Tale condizione non solo si mantiene ma addirittura appare consolidarsi nel tempo (6 mesi), realizzando l’obiettivo primario dello studio che era quello di verificare se l’utilizzo di un trattamento complementare come l’ipnosi a cicli brevi di gruppo, accanto alla terapia nutrizionale classica, fosse in grado di mantenerne l’efficacia a distanza. Già il significativo decremento del peso corporeo, allineato agli standard della terapia classica (dieta + esercizio fisico), appare un successo in questi pazienti. Il persistere degli effetti a distanza di 6 o più mesi, appare in relazione allo sblocco comportamentale con l’abbandono delle condotte scorrette e miglioramento stabile delle abitudini di vita. In effetti l’ipnosi di gruppo, agendo a livello profondo, rinforza le motivazioni al cambiamento, eliminando i condizionamenti esperienziali ed aprendo stabilmente la strada alla strutturazione di una nuova e diversa immagine corporea. Il rapido e persistente decremento delle frequenti pratiche compulsive (abbuffate; vomito autoindotto, abuso di farmaci lassativi e/o diuretici) osservato nei nostri pazienti, appare un fattore determinante la diminuzione del peso corporeo. La diminuzione delle limitazioni conseguenti all’eccesso di peso (Indice di Benessere Soggettivo) determina un miglioramento della qualità di vita che appare più graduale e sembrerebbe, come atteso, parallela alla perdita di peso. Quasi conseguente è l’altissima significatività riscontrata nella riduzione di carico sociale per prestazioni sanitarie e giornate lavorative perse.
In tempi di culto dell’immagine, nei quali fioriscono diete ‘fai da tè’ ed il mercato dilaga con proposte illusorie, mentre la terapia dietetica classica appare spesso insufficiente l’aumento del peso corporeo, sembrerebbe che l’azione diretta delle induzioni ipnotiche, ottenga l’effetto di riportare le aspettativa di risultati verso sé stessi e verso idonee condotte di vita, interrompendo il flusso ininterrotto della richiesta di soluzioni esterne ‘miracolose’ alle quali affidarsi.
Il carico di morbilità e mortalità dovuti all’obesità o alle malattie direttamente correlabili ad essa, richiede interventi rapidi ed efficaci per controllare il fenomeno. E’ auspicabile una alleanza tra le diverse discipline , nutrizionale, chirurgica, psicologica che affronti adeguatamente questa complessa patologia. Gli obiettivi a lungo termine pongono nel cambiamento dello stile di vita l’unico efficace rimedio al problema dell’obesità e l’ipnosi, potente strumento di intervento sul comportamento (5-7-11-12-13), appare particolarmente idonea ad affiancare l’intervento tradizionale nutrizionale e/o chirurgico per potenziarne l’efficacia e il mantenimento dei risultati a distanza, al fine di realizzare una reale e persistente rieducazione alimentare.
La nostra esperienza in questo studio osservazionale, se pur preliminare,appare estremamente incoraggiante. I dati raccolti ci confortano a proseguire con studi più approfonditi che diano conferma dei risultati.

BIBLIOGRAFIA

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12. Torem M.S. The use of hypnosis with eating disorders. Psychatr. Med 1992,10(4):105-118
13. Kirsch I. Hypnosis as an adjunct to cognitive-behavioral psychotherapy: a meta-analysis. J.Consult Clin Psychol 1995,63:214-20
14. Crasilneck H.B. Clinical Hypnosis: application in smoking and obesity problems. Dallas Med.Journal,1976,62:296-302

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mercoledì, agosto 02, 2006

Ipnosi nella terapia della psoriasi

Un articolo di:Ezio Giangreco

Secondo P. Shenefelt, Ricercatore presso la divisione di Dermatologia della University of South Florida, l'utilizzo dell' ipnosi può favorire il miglioramento di numerose malattie dermatologiche se non addirittura promuoverne le risoluzione.

Tra le malattie della pelle in questione, oltre la psoriasi, nello studio vengono citate anche: acne, alopecia, dermatite atopica, herpes ed orticaria.
L'ipnoterapia inoltre potrebbe ridurre il dolore, il prurito e gli aspetti psicosomatici legati a questo tipo di malattie.

Il meccanismo tramite il quale l'ipnosi produce un miglioramento dei sintomi e delle lesioni cutanee è compreso solo in parte; l'ipnosi sembra intervenire nella regolazione del flusso sanguigno e di altre funzioni del sistema nervoso autonomo che normalmente non sono sotto il nostro controllo conscio.
Inoltre sembra esserci un'importante implicazione del rilassamento, che accompagna l'ipnosi, nel produrre positive modificazioni nel funzionamento del sistema neuro-ormonale.

Un altro punto fondamentale è che, in Dermatologia, questo tipo di tecnica può essere usato sia per controllare abitudini scomode e ulteriormente lesive come il trattamento che per procurare al paziente un'immediata analgesia di lunga durata.
Riducendo quindi l'entità dei sintomi quali il dolore ed il prurito, l'ipnosi ridurrebbe anche il carico di ansia al quale il paziente si trova continuamente sottoposto.

Nonostante la casistica sia ancora notevolmente ristretta, lo studio mostra dei risultati positivi riguardanti l'utilizzo dell' ipnosi su pazienti psoriasici.

L'Autore ha riportato un caso di psoriasi che ha mostrato una regressione del 75% ed una totale restitutio ad integrum in un'altro caso , sempre di psoriasi , con durata della malattia di almeno 20 anni; i risultati sono stati ottenuti con l'utilizzo di due diverse tecniche ipnotiche.

Un precedente studio ( Tausk , Withmore , Psychother Psychosom 1999: 495: 1-9 ) aveva già dimostrato l'efficacia dell'ipnosi come terapia aggiuntiva nella psoriasi , anche se i miglioramenti più consistenti sono stati ottenuti solo in soggetti altamente ipnotizzabili ( secondo la Stanford Hypnotic Susceptibility Scale, Form C o SHSS-C )

L'Autore conclude asserendo che, pur non essendoci ancora dati certi per affermare che l'ipnosi possa diventare la terapia d'elezione in casi del genere, viene comunque dimostrata la sua efficacia come coadiuvante, soprattutto nei casi più resistenti e dove vi sia un significante fattore emozionale nello scatenamento della psoriasi stessa.

Affinchè l'ipnosi sia di reale beneficio, il paziente non deve essere nè psicotico, nè soggetto ad intossicazione da sostanze, ma anzi motivato, non resistente e, soprattutto, mediamente o altamente ipnotizzabile ( sempre secondo la SHSS-C ) ; questi sono, assieme all'alto costo, gli attuali svantaggi dell'ipnoterapia applicata alla Dermatologia. ( Xagena_2004 )
Shenefelt PD , Dermatol Ther 2003 ; 16 : 114-122

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domenica, luglio 30, 2006

Ipnosi e conflitto cognitivo

Secondo alcuni ricercatori della Columbia University e del New York State Psychiatric Institute, la suggestione ipnotica può regolare l’attività delle regioni cerebrali che gestiscono i conflitti cognitivi, ovvero il modo in cui il cervello elabora risposte in competizione fra loro.

Un classico esempio di conflitto cognitivo è dato dalla difficoltà di nominare il colore dell’inchiostro di lettere che formano il nome di un colore incongruente: per esempio, quando la parola “rosso” è scritta con inchiostro verde. In passato, Amir Raz e colleghi avevano dimostrato che la suggestione ipnotica riduce il conflitto cognitivo negli individui maggiormente suscettibili all’ipnosi.

Per determinare quali regioni del cervello fossero responsabili di questa riduzione di conflitto, Raz e colleghi hanno ora studiato le immagini dell’attività cerebrale esibita dai partecipanti durante gli esercizi. Usando una suggestione post-ipnotica, i ricercatori hanno istruito alcuni individui a interpretare i nomi dei colori come se fossero parole senza senso, consentendo presumibilmente ai partecipanti di concentrarsi sul colore dell’inchiostro senza essere distratti dal significato della parola. In questo modo, gli individui più facilmente ipnotizzabili hanno esibito una maggior precisione e tempi di reazione più rapidi rispetto agli individui meno predisposti all’ipnosi.

Le tecniche di brain imaging hanno mostrato che la suggestione ipnotica alterava generalmente l’elaborazione visiva, che a sua volta agisce sull’attività cerebrale legata alla risoluzione dei conflitti. Questi risultati potrebbero far luce su come la suggestione ipnotica influenza l’attività del cervello durante la terapia.

Amir Raz, Jin Fan, Michael I. Posner, “Hypnotic suggestion reduces conflict in the human brain”. Proceedings of the National Academy of Sciences (2005).

Articolo tratto da http://www.lescienze.it/
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giovedì, luglio 27, 2006

L'ipnosi arriva sul lettino del ginecologo

A cura de Il Pensiero Scientifico Editore03/03/2004

Tra le numerose curiosità dell’XI appuntamento della International Society of Gynecological Endocrinology a Firenze, segnaliamo un interessante lavoro che affronta il tema dell’uso dell’ipnosi nella pratica ginecologica.

L’ipnosi è una delle peculiari forme della psicoterapia e si basa sul raggiungimento di un particolare stato psicologico di coscienza realizzato attraverso l’interazione con il terapeuta.

Una condizione caratterizzata dalla realizzazione di stati definiti come monodeismi plastici. La mente è focalizzata su un’unica idea e questo permette di attivare la plasticità cerebrale e di indurre su una base biochimica, modificazioni biologiche sia viscerali sia somatiche. Si tratta di processo che può interessare diversi sistemi anatomici: nervoso, endocrino, muscolare ed immunitario. La pratica dell’ipnosi, agendo sul sistema percettivo-emozionale, può contribuire con successo al controllo degli effetti somatici dello stress.

Paolo Vercelli, autore della ricerca, specialista in Ginecologia ed Ostetricia e docente presso il Centro Italiano di Ipnosi Clinica e Sperimentale di Torino, ci spiega le motivazioni che hanno portato le tecniche dell’ipnosi all’interno della pratica ginecologica: “Attraverso la psico-neuro endocrino-immunologia la psiche attiva la plasticità cerebrale, aumentando sia il numero di connessioni sinaptiche sia la quantità di neuroni”. Vista in quest’ottica, l’ipnosi può diventare uno degli strumenti della pratica ginecologica, attraverso il quale poter sbloccare alcuni dei meccanismi che sono alla base dei disturbi dell’apparato riproduttivo femminile.

Quali le applicazioni specifiche in campo ginecologico, quindi? L’uso dell’ipnosi ha mostrato i suoi effetti prevalentemente nel trattamento dei disturbi mestruali, per il problema dell’ovaio policistico, e la cura della dismenorrea, il vaginismo e l’esaurimento ovarico precoce. Non mancano risultati positivi per i disturbi legati alla menopausa o le applicazioni nel contesto dell’ostetricia, quando il blocco viene dalla paura nei confronti dell’evento parto. “Si tratta”, continua Vercelli, “di un mezzo fondamentale che potrebbe permettere alle pazienti di trovare in loro stesse gli strumenti fisiologici che permettano di realizzare quell’armonia mente-corpo necessaria per ripristinare situazioni di benessere e di salute”.

Per informazioni: International Society of Gynecological Endocrinology
Un articolo di :simona lambertini
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lunedì, luglio 24, 2006

Ricercatori britannici: anche l'ipnosi contro il dolore


MILANO - da un articolo di:Donatella Barus

Non solo suggestione "stregonesca", ma terapia psicologica che in alcuni casi risulta efficace: l'ipnosi - secondo un gruppo di ricercatori britannici - può aiutare i malati di cancro a vivere meglio, alleviando il dolore e limitando gli effetti collaterali dei trattamenti antitumorali. L'ipnosi è un particolare stato di coscienza (o di sonno) che può essere indotto con varie tecniche (a volte anche solo con l'uso delle parole) in persone predisposte. Le tecniche ipnotiche, aggiungono gli studiosi britannici, appaiono una risorsa promettente, anche se ancora poco esplorata.

A dispetto dello scetticismo
che accompagna una pratica spesso mistificata, infatti, le applicazioni terapeutiche dell'ipnosi sono già note, per chi, ad esempio, vuole smettere di fumare, perdere peso o gestire disturbi psichici.
In occasione del recente incontro annuale della British Association for the Advancement of Science, la dottoressa Christina Liossi, psicologa dell'università del Galles, ha riferito dei risultati ottenuti contro depressione, nausea, vomito e dolore nei pazienti oncologici sottoposti ad ipnosi. "Sappiamo che l'ipnosi è in grado di agire sul sistema immunitario" - afferma la Liossi sul sito dell'American Society of Clinical Oncology, che ha anche illustrato i dati di uno studio mirato su bambini dai 6 ai 16 anni, affetti da tumore. Ai piccoli pazienti (80 in tutto) sono stati somministrati analgesici locali, e metà dei piccoli pazienti è stata inoltre sottoposta a ipnosi.

Quando è stato chiesto ai bambini di indicare l'intensità del dolore provato durante le procedure mediche, secondo una determinata scala di percezione, il gruppo che aveva sperimentato l'ipnosi ha dichiarato una sofferenza minore.

Ma anche le cosiddette tecniche di "brain imaging", o neuroimmagini, ovvero quelle che consentono di visualizzare una parte delle attività cerebrali, contribuiscono a comprendere meglio il fenomeno. E soprattutto a dimostrare che dietro gli effetti dell'ipnosi c'è ben poca magia, ma piuttosto meccanismi biologici complessi e scientificamente "misurabili".
Il professor John Gruzelier, dell'Imperial College di Londra, ha "fotografato" il cervello di persone prima e durante una seduta di ipnosi grazie alla risonanza magnetica funzionale: è emerso che sotto ipnosi, nelle persone più "sensibili", avvengono dei mutamenti significativi a livello della corteccia frontale sinistra (quell'area dell'encefalo coinvolta nei processi cognitivi più complessi e nel comportamento) e della regione chiamata "giro cingolato", connessa con la valutazione delle reazioni emotive.

Insomma, il cervello lavora in maniera differente. Ecco perché, ha spiegato Gruzelier, un soggetto ipnotizzato può compiere azioni che in stato di veglia cosciente sarebbero impensabili.

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mercoledì, luglio 19, 2006

A dieta (e senza ansia) con l'ipnosi

Da un articolo di : Adriana Bazzi

Fu una falsa partenza,
nel diciottesimo secolo, quando il medico tedesco Franz Mesmer, fra luci soffuse e musiche suadenti, curava pazienti con il suo «fluido magnetico». Poi l'ipnosi venne rispolverata nel 1842, con il nome attuale, dall'oftalmologo inglese James Braid e usata successivamente da Sigmund Freud per curare Anna O. e qualche altro paziente isterico. Negli anni Cinquanta comincia a essere sfruttata in medicina, un po' empiricamente, per combattere il dolore (e successivamente altri disturbi come ansia e depressione, colon irritabile e persino obesità). Ora sta entrando nel mondo delle neuroscienze: quest'ultimo esperimento fotografa le alterazioni del cervello e dunque indica la strada per la cura di alcune malattie. Da qualche tempo la pratica dell'ipnosi è estesa. E viene utilizzata anche per far dimagrire o per diminuire lo stress, per smettere di fumare, per correggere disfunzioni sessuali. E' una sorta di amplificatore della volontà. Aiuta a mettere in pratica desideri che sembrano irrealizzabili: anche adattarsi a un nuovo ambiente di lavoro. In cinque o sei sedute si avvia un processo di autoguarigione. L'ipnosi medica, lontana da quanto si vede in certi spettacoli in tv, sta diventando sempre più un successo, nelle forme che riguardano sia i malesseri minori che la vita quotidiana. Tanto da aver indotto gli scienziati a cercare di capire il funzionamento del cervello sotto ipnosi.

Così l'équipe di Michael Posner, professore di neuroscienze all'Università americana dell'Oregon, ha analizzato persone ipnotizzate usando un test e fotografando l'attività cerebrale con le tecniche di imaging, come Tac o risonanza magnetica. E ha scoperto che gli individui più facilmente ipnotizzabili perdono la capacità di prendere semplici decisioni e dimenticano quell'insieme di esperienze che, nella vita di tutti i giorni, ci permettono di verificare le informazioni che riceviamo. Non tutti reagiscono alla stessa maniera di fronte a un ipnotizzatore: dal 10 al 15 per cento degli adulti sono altamente ipnotizzabili, mentre un adulto su 5 è «resistente»; il resto sta a metà.

I ricercatori hanno sottoposto 16 volontari, metà altamente ipnotizzabili e metà resistenti, al test di Stroop. Mostra una parola che indica un colore, per esempio VERDE, scritta in quattro diversi colori: rosso, blu, grigio e giallo. La persona deve subito dire il colore con cui è scritta la parola: in genere si ha bisogno di qualche frazione di secondo prima di indicare il colore. È l'effetto Stroop che dimostra come esiste il controllo dell'esperienza su quello che noi percepiamo.

Nei pazienti sensibili sottoposti a ipnosi l'effetto Stroop non si verifica. Ecco come è stato dimostrato. Nella prima fase dell'esperimento i volontari sono stati messi di fronte a uno schermo dove compariva una parola senza senso, ma colorata, e sono state sollecitate dall'ipnotizzatore a identificare il colore. Quando in un test successivo veniva mostrata la parola vera, per esempio VERDE, ma colorata con diversi colori, i soggetti sensibili, suggestionati dal primo esperimento, individuavano subito il colore. Quelli resistenti rispondevano più lentamente. E anche le immagini del cervello erano diverse nei gruppi: in quelle dei sensibili risultavano spente le aree cerebrali del riconoscimento delle parole. Come dire che l'ipnosi modifica davvero la capacità di percepire la realtà. Per questo funziona.

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Cosa è una metafora?

La metafora è una figura retorica attraverso la quale un concetto viene espresso con altri termini che ne amplificano il significato aggiungendo sfumature diverse. La metafora mette in primo piano alcuni aspetti del concetto e ne relega sullo sfondo altri, sopperisce alla carenza lessicale, rende familiari concetti astratti, crea nuove esperienze di riferimento, smuove associazioni.

Il linguaggio comune è ricco di metafore che appartengono a diversi campi quali:

· guerra (attaccare il nemico, armarsi di coraggio, sparare a salve),

· economia (vendere un'idea, risparmiare energie, esaurire le scorte),

· orientamento spaziale (sentirsi giù; lasciarsi il passato dietro le spalle; porsi al centro del mondo; sentirsi straniero in patria),

· ontologia, entità cui attribuire caratteristiche particolari, intenzioni, motivazioni, finalità (strega, leone, piovra),

· contenitore (gabbia dorata, sentirsi imprigionati, botte di ferro).


Cosa è una metafora terapeutica?

La metafora terapeutica è una storia creata appositamente per il soggetto e raccontata con un linguaggio indiretto col fine di stimolare dubbi e riflessioni e con l'intento di provocare cambiamenti evolutivi. Nella storia si inseriscono intenzionalmente messaggi per ristrutturare atteggiamenti e modificare convinzioni, per riproporzionare emozioni e atteggiamenti, per preparare o consolidare cambiamenti di ruoli sociali, per superare crisi di transizione, per rafforzare o sciogliere legami, per infondere gioia di vivere.

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domenica, luglio 16, 2006

Febbre da fieno: l’ipnosi è un aiuto

Qualche seduta di ipnosi e si può risolvere il fastidio del naso che cola e degli occhi irritati a causa dell’allergia al fieno, ovviamente senza sospendere le cure tradizionali. Lo sostiene uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Basilea e pubblicato sulla rivista Psychotherapy and Psychosomatics.

Lo studio è stato condotto per due anni ed ha coinvolto 66 volontari i quali sono stati monitorati per due intere stagioni. Nel corso del primo anno una parte dei partecipanti allo studio è stata sottoposta a sedute di ipnosi e ha anche imparato a usare l’autoipnosi per controllare le reazioni che le allergie scatenano. Sembra infatti che gli occhi arrossati o il naso che cola non siano reazioni tanto incontrollabili, ma che anzi possano essere parzialmente mitigate dall’uso di pratiche di controllo del lato inconsapevole della volontà.

Questo almeno sostengono gli autori dello studio secondo cui alla fine dei due anni di monitoraggio dei soggetti allergici, il gruppo che aveva imparato le tecniche di autoipnosi mostrava chiari segni di miglioramento rispetto al gruppo di controllo, che aveva continuato ad assumere le medicine senza però lavorare sull’inconscio.

Singolare come ricerca, ma non unica. Molti sono, infatti, i lavori che vengono pubblicati sulle riviste scientifiche a sostegno dell’utilità dell’ipnosi per una serie di malattie, in particolare quelle di natura psicosomatica.

Fonte: Langewitz W. Effect of self-hypnosis on hay Fever symptoms - a randomised controlled intervention study. Psychother Psychosom 2005;74(3):165-72.

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giovedì, luglio 13, 2006

Corpo e Metafora

Ultima parte

Interessante a questo proposito sono le metafore corporee che riguardano situazioni di stress cronico. L’espressione “stringere i denti” si traduce non solo nell’atteggiamento mentale di colui che mette in secondo piano il proprio benessere del momento attuale per il raggiungimento di un obiettivo futuro, ma si concretizza nel corpo a livello della mascella e del distretto temporo-mandibolare e dei muscoli della masticazione che si irrigidiscono in maniera spasmodica in contratture cronicizzate. E’ molto frequente la tendenza ad accumulare nella zona oro-labiale tensione e stress quotidiano.

Anche in questo caso si tratta soprattutto di rabbia che, per venire repressa, deve tramutarsi in contrazione muscolare, con l’obiettivo di posticiparne l’espressione che in quel momento sarebbe disfunzionale e controproducente per la persona. Quando questa emozione viene repressa in maniera continua e non trova alcuna possibilità di manifestarsi, allora la tensione diviene cronica e si struttura nella personalità: ecco il blocco psico-corporeo.
Durante la terapia individuale o la partecipazione ad un gruppo di Bioenergetica possiamo diventare consapevoli, attraverso il gioco psico-corporeo e l’uso delle metafore, delle nostre tensioni in questa distretto muscolare e cominciare a comprendere la complessità delle relazioni tra corpo, emozioni e linguaggio.
Ad esempio una persona che partecipa al gioco della metafora corporea “stringi i denti” sperimenta una serie di sensazioni complesse che toccano varie sfere della sua persona. Vengono portati alla consapevolezza delle costellazioni emotive relative al posporre il proprio piacere e benessere per dare la precedenza alle esigenze altrui o alle circostanze. La persona si confronta con il significato che ha per lei il senso del dovere, fino a che punto è sempre necessario “stringere i denti” e quanto in realtà ci facciamo carnefici di noi stessi creando tensione anche quando tale tensione diventa non necessaria o disfunzionale.

La tensione della mascella si evidenzia a livello corporeo, si segnala con il dolore e il dolore a sua volta segnala un’emozione spiacevole. La persona diventa consapevole di questo cerchio infinito mente-corpo-emozione e pian piano impara a sciogliere le contratture della mascella provocando una tensione volontaria a cui segue il rilassamento.
Da una semplice esperienza come questa, presentata sotto forma di gioco, è possibile esplorare notevoli livelli personali e trovare nuovi spunti per una rielaborazione dinamica e una ri-narrazione anche terapeutica della propria storia personale. Durante un gruppo di consapevolezza psico-corporea non approfondiamo gli aspetti psico-dinamici delle singole esperienze, cosa che invece avviene durante la terapia individuale. Piuttosto nel gruppo lo Psicologo contiene ed accompagna le persone a trovare il proprio senso ai vissuti. L’interpretazione è praticamente del tutto assente: è il corpo a parlare e si facilitano processi di auto-evoluzione e guarigione, accompagnando verso una comprensione maggiore delle relazioni tra aspetti apparentemente così lontani.

In questo modo la Bioenergetica, opportunamente integrata con le Arti-terapie e con l’uso consapevole del linguaggio soprattutto nella sua forma “magica” della metafora, è potenzialmente in grado di facilitare processi di crescita e consapevolezza per il miglioramento della qualità della vita, delle relazioni interpersonali e del proprio benessere e capacità di provare piacere. Scompare gradualmente il ruolo del paziente, del corpo e della mente come semplici oggetti di conoscenza, scompare la seriosità e il percorso lineare, per lasciare posto alla responsabilizzazione della persona come soggetto promotore del proprio benessere.

Lo Psicologo diviene così un accompagnatore e un ludico facilitatore di processi di cambiamento che interessano la persona nel suo indissociabile complesso mente-corpo.

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