Da un articolo di : Adriana Bazzi
Fu una falsa partenza, nel diciottesimo secolo, quando il medico tedesco Franz Mesmer, fra luci soffuse e musiche suadenti, curava pazienti con il suo «fluido magnetico». Poi l'ipnosi venne rispolverata nel 1842, con il nome attuale, dall'oftalmologo inglese James Braid e usata successivamente da Sigmund Freud per curare Anna O. e qualche altro paziente isterico. Negli anni Cinquanta comincia a essere sfruttata in medicina, un po' empiricamente, per combattere il dolore (e successivamente altri disturbi come ansia e depressione, colon irritabile e persino obesità). Ora sta entrando nel mondo delle neuroscienze: quest'ultimo esperimento fotografa le alterazioni del cervello e dunque indica la strada per la cura di alcune malattie. Da qualche tempo la pratica dell'ipnosi è estesa. E viene utilizzata anche per far dimagrire o per diminuire lo stress, per smettere di fumare, per correggere disfunzioni sessuali. E' una sorta di amplificatore della volontà. Aiuta a mettere in pratica desideri che sembrano irrealizzabili: anche adattarsi a un nuovo ambiente di lavoro. In cinque o sei sedute si avvia un processo di autoguarigione. L'ipnosi medica, lontana da quanto si vede in certi spettacoli in tv, sta diventando sempre più un successo, nelle forme che riguardano sia i malesseri minori che la vita quotidiana. Tanto da aver indotto gli scienziati a cercare di capire il funzionamento del cervello sotto ipnosi.
Così l'équipe di Michael Posner, professore di neuroscienze all'Università americana dell'Oregon, ha analizzato persone ipnotizzate usando un test e fotografando l'attività cerebrale con le tecniche di imaging, come Tac o risonanza magnetica. E ha scoperto che gli individui più facilmente ipnotizzabili perdono la capacità di prendere semplici decisioni e dimenticano quell'insieme di esperienze che, nella vita di tutti i giorni, ci permettono di verificare le informazioni che riceviamo. Non tutti reagiscono alla stessa maniera di fronte a un ipnotizzatore: dal 10 al 15 per cento degli adulti sono altamente ipnotizzabili, mentre un adulto su 5 è «resistente»; il resto sta a metà.
I ricercatori hanno sottoposto 16 volontari, metà altamente ipnotizzabili e metà resistenti, al test di Stroop. Mostra una parola che indica un colore, per esempio VERDE, scritta in quattro diversi colori: rosso, blu, grigio e giallo. La persona deve subito dire il colore con cui è scritta la parola: in genere si ha bisogno di qualche frazione di secondo prima di indicare il colore. È l'effetto Stroop che dimostra come esiste il controllo dell'esperienza su quello che noi percepiamo.
Nei pazienti sensibili sottoposti a ipnosi l'effetto Stroop non si verifica. Ecco come è stato dimostrato. Nella prima fase dell'esperimento i volontari sono stati messi di fronte a uno schermo dove compariva una parola senza senso, ma colorata, e sono state sollecitate dall'ipnotizzatore a identificare il colore. Quando in un test successivo veniva mostrata la parola vera, per esempio VERDE, ma colorata con diversi colori, i soggetti sensibili, suggestionati dal primo esperimento, individuavano subito il colore. Quelli resistenti rispondevano più lentamente. E anche le immagini del cervello erano diverse nei gruppi: in quelle dei sensibili risultavano spente le aree cerebrali del riconoscimento delle parole. Come dire che l'ipnosi modifica davvero la capacità di percepire la realtà. Per questo funziona.
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