Ultima parte
L'autoipnosi suggerita e sostenuta continuatamene mobilita il soggetto verso una continua ricerca interiore e verso quella autoesplorazione cara a Milton Erickson. Grazie all'autoipnosi diventa possibile l'acquisizione di livelli elevati di abilità in una integrazione mente-corpo.
Naturalmente l'autoipnosi svincolata completamente da una relazione terapeutica non è assolutamente appropriata nel caso di problematiche psicologiche gravi. Wilbacher (comunicazione personale, 2002) consiglia l'uso dell'autoipnosi come forma di terapia di mantenimento durante e in seguito a una terapia ipnotica breve. Crasilneck (1975) suggerisce ai pazienti di attenersi nella propria pratica autoipnotica a insiemi di suggestioni legati strettamente al lavoro terapeutico in corso. Nella ipnosi moderna viene ampiamente valorizzata la responsività in luogo della suggestibilità in una visione evocativa dei fenomeni ipnotici (Ducci 2002). La pratica dell' autoipnosi fondata sull'accrescimento della percezione di sé sembra porsi coerentemente in linea con ciò.
Non si può non concludere senza fare un doveroso accenno alla formazione professionale in ipnosi clinica e ai modi più opportuni per organizzarla intorno alla consapevolezza e allo sviluppo delle capacità autoipnotiche dell'allievo. Tutto il mondo formativo sta facendo un notevole sforzo per superare le limitatezze del pensiero orientato agli obiettivi e all'esclusiva attenzione alle tecniche (Short, 1999). Si vanno proponendo metodologie indirette come il metodo della narrazione, apprendere attraverso il raccontarsi, descrivere le proprie emozioni in rapporto alla relazione con l'altro (Kaneklin, 1998).
Nell'ambito formativo strettamente ipnotico da una indagine condotta da Wilbacher e Gandolfi (1998) risulta che un'alta percentuale di allievi ritarda o abbandona definitivamente l'uso professionale dell'ipnosi. Dopo una fase iniziale di apparente sicurezza nel corso della formazione, alla fine di questa l'allievo entra in una fase mentale di shock che può portare all'abbandono dell'ipnosi in quanto si ritrova da solo a gestire l'impatto emotivo del lavoro in trance. Il neo terapeuta prova disagio per le sue risposte corporee e emotive. L'atto di indurre la trance nel paziente produce simultaneamente uno stato autoipnotico nell'ipnotista. Diversamente dalle altre forme psicoterapeutiche dove l'apprendimento emozionale del sé avviene in modo graduale, in ipnosi l'impatto è immediato e inaspettato.
Nell'indagine emerge che gli allievi non riescono a fornire una risposta soddisfacente in merito all'abbandono dello strumento ipnotico in favore di altri approcci terapeutici, ma solo se l'allievo attiva uno scambio emozionale con il formatore riesce a entrare in una fase mentale di superamento che lo aiuta a neutralizzare lo shock e a far funzionare la mente sintonicamente e simultaneamente fra processi emotivi e razionali.
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