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martedì, marzo 21, 2006

La Persuasione e l'Ipnosi. Parte I

Persuasion
Robert Cialdini — psicologo sociale americano — nel suo libro "Le armi della persuasione" distingue le tattiche persuasive in sei categorie base:

1. Reciprocità
2. Coerenza-impegno
3. Riprova sociale
4. Autorità
5. Simpatia
6. Scarsità

La particolare efficacia di tale tattiche sta nel far leva su alcuni principi psicologici fondamentali che orientano e motivano il comportamento umano.

In altre parole si utilizza ciò che già c’è cioè alcuni piani di comportamento che orientano l’uomo nel momento in cui deve prendere una decisione.

Cialdini paragona queste tecniche all’arte marziale del jujiztu che sfrutta la forza fisica dell’aggressore per poi rivoltargliela contro. Ognuna di queste tattiche sollecita l’interlocutore ad adottare l’euristica corrispondente. Si ritiene quindi che spesso nel prendere una decisione il potenziale acquirente "si farebbe guidare, non da un’analisi approfondita delle informazioni rilevanti nella situazione, bensì da poche indicazioni (una o due al massimo) che provengono dallo stimolo e che sollecitano l’euristica corrispondente a un particolare principio." (Angelica Mucchi Faina, L’influenza sociale, Il Mulino, 1996 Bologna, p. 150)

Entriamo ora nel merito della questione e descriviamo le varie tattiche una per una e i principi motivazionali a cui fanno ricorso.


Regola del contraccambio o reciprocità (Debito)

Cialdini ricorda, sulla scia di sociologi come Alvin Gouldner che tale regola è comune a tutti i tipi di società umane e la sua può annoverare tra gli schemi comportamentali istintivi della razza umana.

In genere l’uomo sente il bisogno o si sente letteralmente obbligato a contraccambiare favori veri o presunti tali.

Ciò è comprensibile, poiché il sistema di reciprocità ha regolato da tempi immemorabili lo scambio e la collaborazione tra individui.

Questa legge del comportamento umano può essere utilizzata a fini tutt’altro che morali quando un interlocutore intende farci sentire in debito imponendoci un favore non richiesto.

Mi sembra perciò il caso di fare un esempio articolato che intende chiamare in causa contemporaneamente varie tecniche — che preciserò tra parentesi. Dall'altronde è difficile che una tattica persuasiva si presenti per così dire al suo stato "puro".

Esempio:

Un Hare Krishna o per esempio l'appartenente a una comunità di tossici può porgervi un dono (piede nella porta), se voi abboccate e prendete in mano l'oggetto non lo rivuole più indietro e vi fa intendere che si tratta di un regalo (Debito) in cambio del quale richiede un'offerta (colpo basso) affidandosi al buon cuore del passante.

Con il termine offerta o donazione si ridefinisce (ristrutturazione) la transazione (la vendita) come un atto di liberalità (donazione).

Il questuante elicita un imperativo morale e fa leva sul presunto debito — in realtà mai richiesto né sollecitato — per richiedere "legittimamente" un corrispettivo in virtù del buon cuore del passante. Il passante può finire col dare una somma più grossa del valore effettivo del bene — che magari non interessa.

Sarebbe avvenuta ben altra cosa se il passante fosse stato fermato da un venditore che gli chiedeva l'acquisto di collanine a un prezzo spropositato.

È propria la ricorniciatura dell'evento in corso come atto di liberalità che permette di vendere ad alto prezzo qualcosa che non interessa: "c'è una forte pressione sociale a contraccambiare i doni, anche non desiderati, mentre non esiste nessuna pressione del genere ad acquistare un prodotto commerciale che non si desidera" (Robert Cialdini, Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì, Firenze, Giunti/Barbera, 1989, p. 38)

Se questa pressione non è abbastanza potente si può sempre lavorare con altre tattiche, per esempio, si può far leva sul senso di colpa.

Il venditore ridefinisce la risposta negativa del cliente definendolo un ingrato: "Ma cosa è un essere senza cuore, non vede che sto male! se fosse lei in questa situazione". Si può anche dire: "Guardi quanti hanno contribuito, non vorrà mica dimostrare di essere un ingrato!" (riprova sociale-principio di imitazione)

Quest'ultima ristrutturazione avrà maggiore successo se va contro ciò che l'individuo ritiene di essere — se per esempio la gratitudine è uno dei suoi valori (principio di coerenza con se stesso).

In campo commerciale la regola del contraccambio, come spiega Cialdini, la ritroviamo nell'offerta di una campione gratuito (cibo, profumo o altro) da parte di una gentile commessa. Un altra tecnica simile è il soddisfatto o rimborsato o i periodi di prova gratuita.

Anche nella terapia strategica si può far leva sul Debito. È una tecnica che può essere annoverata fra le tattiche di influenza interpersonale dirette.

Guglielmo Gulotta la spiega in questo modo: "Descrivere il suggerimento allo psicoterapeuta come un "corrispettivo" per un precedente "favore" fatto al paziente (Guglielmo Gulotta, Lo psicoterapeuta stratega, Franco Angeli, 1997 Milano, p. 185)

Nella stessa pagina fa un piccolo esempio: "Lei non ha eseguito il compito che avevamo concordato nella scorsa seduta. Per questa volta ci passerò sopra, però nei prossimi giorni dovrà.... e si assegna un altro compito."

Questa tecnica può essere predisposta preventivamente dal terapeuta che non si aspettava che il cliente facesse il primo compito. In questo caso la tattica si trasforma nella tecnica indiretta (perché la prestazione desiderata non è palese sin dall'inizio) della "Porta in faccia" che opera per principio di contrasto inculcando al contempo l'idea che è stata fatta una concessione da parte del terapeuta.


Principio di contrasto

C'è un esperimento molto semplice che chiarisce perfettamente questo principio.
Prendiamo tre bacinelle d'acqua. A partire da sinistra la prima è ghiacciata, la seconda tiepida e la terza è bollente. Inmergiamo ora la mano sinistra nella prima e la destra nella terza, dopo un attimo caliamole tutte e due nella bacinella di mezzo. Malgrado l'"oggettiva" tiepidezza dell’acqua, la mano sinistra avvertirà l'acqua calda, mentre per la destra sarà fredda.

Anche i nostri giudizi sono influenzati dal contesto. Un abile persuasore crea un contesto a lui favorevole, nulla viene lasciato al caso. Potrà farvi apparire migliore una alternativa un venditore tramite l’uso di esche.

Anthony Pratkanis e Elliot Aronson nel libro "Psicologia delle comunicazioni di massa" ne danno un esempio:

"Dopo aver determinato le vostre esigenze, l’agente vi accompagna in auto a vedere alcune case "che potrebbero interessarvi". La prima fermata è in un minuscolo bicamere con un piccolo cortile. La casa necessita di una mano di vernice; gli interni sono rovinati; il linoleum della cucina si sta gonfiando; il tappeto del soggiorno è liso; la camera da letto padronale è tanto piccola che non ci entrerebbe nemmeno l’arredamento medio di una stanza da letto. Quando l’agente immobiliare vi informa del prezzo di vendita esclamate: "Santo cielo! Chi sarebbe tanto stupido da pagare una cifra del genere per questa baracca?". Forse non voi, e forse nessun altro. Ma quella catapecchia può spingervi ad acquistare più prontamente un’altra casa e a un prezzo molto più alto di quello che normalmente sareste disposti a pagare." (Anthony Pratkanis, Elliot Aronson, Psicologia delle comunicazioni di massa, Il Mulino, 1996 Bologna, p. 81)

Come si può applicare in altri modi questa semplice legge fisiologica per manipolare la percezione cognitiva?

Per esempio, avanzando una richiesta gravosa e dopo aver ottenuto il rifiuto, avanzare la richiesta minore, quella effettivamente desiderata (Guglielmo Gulotta, Lo psicoterapeuta stratega, Franco Angeli, 1997 Milano, p. 188)

È ciò che succede anche in ipnosi quando il terapeuta offre un'alternativa peggiore sotto forma di doppio legame — del tipo "Preferisce andare in trance ora o più tardi".

Questa tecnica è chiamata tecnica della "Porta in faccia" che rientra a buon diritto tra le tecniche che fanno uso del principio di contraccambio poiché danno l’illusione al vostro interlocutore che gli abbiate appena fatto una concessione.


Simpatia

In ipnosi e in PNL si parla di rapport. Con questo termine si intende l'istaurarsi di una particolare sintonia con il proprio interlocutore. Due persone che si stimano o che si vogliono bene sono già naturalmente in uno stato di profondo rapport tra di loro.

Non so se avete mai osservato attentamente due amici, se lo avete fatto avrete forse notato che oltre ad intendersi alla meraviglia sul piano verbale o di contenuto sono in sintonia anche sul piano non verbale: camminano in modo simile oppure assumono le stesse posture, oppure si grattano nello stesso identico momento, in altre parole, si rispecchiano istintivamente l'un l'altro e maggiore è il feeling e maggiore è il rispecchiamento.

Consci di questo particolare meccanismo i terapeuti, i comunicatori, i venditori ne fanno un uso consapevole per istaurare immediatamente un rapporto di fiducia ed entrare in breve tempo in sintonia con l'interlocutore. Questa tecnica è chiamata ricalco e può realizzarsi a diversi livelli:

• ricalco verbale : uso di alcune frasi che usa l'interlocutore o alcuni predicati che fanno riferimento allo stesso sistema rappresentazionale (visivo, uditivo, cenestesico) oppure ricalco di convinzioni, valori e credenze

• ricalco paraverbale: ricalco del volume, del tono, del ritmo, della velocità, delle pause

• ricalco non verbale: ricalco le posture, la gestualità, il respiro fino ai micro-comportamenti (mimica facciale, movimenti degli occhi, tensione muscolare).

L'istaurazione di un legame empatico risiede probabilmente nella stimolazione del sistema parasimpatico a motivo di una sottile sincronizzazione che viene percepita a livello inconscio. In tal modo l'interlocutore non si sente in pericolo e gli pare di essere veramente compreso e ascoltato.

A livello inconscio ciò che ci somiglia ci è familiare e ciò che ci è familiare ci tranquillizza, facendoci abbassare le difese.

Questo principio può essere usato negli interrogatori quando si fa il "gioco delle parti" nel quale un individuo si mostra particolarmente aggressivo mentre l’altro (che in realtà è d’accordo con il primo) appare decisamente amichevole. È anche il caso del venditore che si mette dalla parte del cliente e fa finta di convincere il principale a concedere una "favoloso sconto".


Impegno e coerenza

Una volta che abbiamo preso una decisione o quando abbiamo compiuto qualcosa sentiamo il bisogno di comportarci coerentemente con l'immagine che abbiamo dato di noi stessi. Il principio di coerenza è particolarmente rilevante per l'insorgere del fenomeno denominato "dissonanza cognitiva".

In altre parole, il bisogno di coerenza con noi stessi ci spinge ad allineare le nostre convinzioni e percezioni con ciò che ormai abbiamo fatto. Per non dover fare dei passi indietro, alcune volte, per non dover riconoscere di avere avuto torto sfoderiamo tutte le migliori armi retoriche per convincere noi stessi e gli altri che valeva la pena farlo.

Questi processi sono stati ben studiati dalla psicologia cognitiva che ha individuato le "tecniche" con cui riusciamo a ingannare noi stessi; ne cito solo due:

1. Astrazione selettiva.

Comporta una sorta di cancellazione di parti dell'esperienza per focalizzare l'attenzione su ciò che sembra confermare il nostro modello del mondo.

2. Inferenza arbitraria

Si tratta di una conclusione totalmente arbitraria, un presupposto, un postulato che viene dato per scontato e che può servire a mantenere la coerenza con se stessi eliminando in tal modo il disagio.

Ad ogni modo il principio di coerenza e di impegno ha anche una utilità "storica", poiché garantisce che, una volta presa una decisione non dobbiamo continuare a pensarci su e possiamo procedere oltre.

In genere quando si parla di impegno e coerenza si fa riferimento alle tattiche che, partendo da un controllo sottile del comportamento altrui, arrivano sino a cambiare gli atteggiamenti facendo leva sul processo di autopersuasione che normalmente si verifica quando cerchiamo di spiegare a noi stessi i comportamenti che "liberamente" scegliamo di adottare.

Il procedimento opera per gradi: il venditore cercherà di farci dire o fare qualcosa di apparentemente innocuo e poco impegnativo per legare logicamente tale comportamento a tutta un'altra serie di richieste una più gravosa dell'altra. È comunque essenziale al fine della persuasione, che il soggetto creda di essere arrivato a una libera scelta.

Ora per continuare in una descrizione dettagliata del principio di coerenza è necessario dividere le richieste — rispetto al soggetto persuaso — in due categorie:

1. Il soggetto viene persuaso a compiere un atto contro-attitudinale

2. Il soggetto viene persuaso a compiere un comportamento non-problematico.

Nel primo caso si ha un'attivazione emotiva (arousal) che motiva il soggetto a ridurre lo stato di dissonanza ristabilendo la coerenza e quindi l'equilibrio del sistema (è ciò di cui parla Festinger con il termine dissonanza cognitiva).

A questo riguardo un esperimento fu quello di Festinger e Carlsmith (1959) presentato nell'articolo Cognitive consequences of forced complicance (pubblicato nel Journal of Abnormal and Social Psychology).

Festinger e Carlsmith chiesero a un individuo per volta di prestarsi a un esperimento particolarmente noioso; finito l'esercizio noioso chiedevano al volontario di sostituire l'assistente di ricerca e far intendere al soggetto successivo (in realtà un complice degli sperimentatori) che l'esperimento appena svolto era particolarmente divertente, in cambio davano una ricompensa molto bassa (1 dollaro) oppure 20 dollari.

Finita anche questa seconda fase dell'esperimento chiedevano al soggetto che cosa ne pensasse veramente. Sorprendentemente (poiché tale risultato andava contro la teoria comportamentistica) erano proprio coloro che avevano ricevuto un solo dollaro a minimizzare la noiosità dell'esperimento (Nicoletta Cavazza, La persuasione, Il Mulino, 1996 Bologna, pp. 131-132)

Festinger e Carlsmith spiegarono tale risultato in base alla teoria della dissonanza cognitiva: coloro che avevano ricevuto 20 dollari potevano pensare fra sé e sé "ho ingannato il prossimo solo in cambio di un compenso". Coloro che avevano ricevuto un compenso insignificante invece non avevano questo alibi, si trovarono quindi con una conflittualità interna che chiedeva di essere risolta. L'unico modo era quello di modificare il proprio atteggiamento spiegando a se stessi che in fondo non era un compito così noioso: "Il processo in questione secondo Cooper e Fazio (A new look at dissonance theory, in L. Berkowitz (a cura di), Advances in experimental social psychology, vol. XVII, New York, Academic Press, 1984) avverrebbe secondo i seguenti passaggi: il soggetto mette in atto un comportamento contro-attitudinale, stabilisce quali conseguenze ha avuto; se ci sono conseguenze indesiderabili stabilisce a chi o a che cosa può essere imputata la responsabilità; se si sente personalmente responsabile emerge l'attivazione emotiva (arousal); se lo stato emotivo attivato è negativo, egli cerca di capire a che cosa è dovuto; se lo attribuisce alla propria responsabilità per le conseguenze indesiderate (e non a fattori esterni) emerge la motivazione al cambiamento dell'atteggiamento relativo; quindi il cambiamento vero e proprio si verifica." (Nicoletta Cavazza, La persuasione, Il Mulino, 1996 Bologna, pp. 134-135)

Il secondo caso invece è quando il soggetto viene persuaso a compiere un comportamento non-problematico. Quando il comportamento richiesto non viola nessun principio o valore della persona non dovremmo aspettarci uno stato di dissonanza cognitiva, appare quindi più adatta la teoria dell'autopercezione di Daryl Bem: una persona che ha compiuto senza costrizioni un comportamento inferisce da tale comportamento un'immagine di sé a cui si ritiene vincolato secondo il principio di coerenza.

L'individuo perciò, dopo un primo innocuo impegno può essere portato ad aderire a tutta una serie di richieste comportamentali coerenti con l'immagine di sé.

Un esempio particolarmente interessante viene descritto da Cialdini (Robert Cialdini, Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì, Firenze, Giunti/Barbera, 1989, pp. 67-68) ed è tratto dall'esperimento compiuto dagli psicologi Jonathan Freedman e Scott Fraser (pubblicato sul Journal of Personality and Social Psychology, 1966)

Il ricercatore si presentava presso i proprietari di un sobborgo elegante della California dicendo di essere un volontario per la "Campagna per la sicurezza delle strade" e chiedeva se potevano cortesemente istallare nel loro giardino un grande cartello con scritto "Guidate con prudenza". Questa offerta piuttosto gravosa veniva rifiutata dalla maggior parte degli abitanti della zona (83%) ma straordinariamente accettata dal 76% di coloro che poco prima (2 settimane) avevano ricevuto la visita di un altro incaricato e avevano accettato di compiere un gesto apparentemente innocuo e poco costoso: l'esposizione di un piccolo adesivo con scritto "Guida sicura".

Una tecnica che può essere abbinata con notevoli successi al "Piede nella porta" è il "Colpo basso".

Il colpo basso per così dire "puro" consiste in una sola richiesta comportamentale nella quale si dissimulano i "costi" reali che vengono resi espliciti quando il soggetto non può più tirarsi indietro.

Cialdini racconta che aveva appreso questa tecnica presso un concessionario di macchine (Robert Cialdini, Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì, Firenze, Giunti/Barbera, 1989, pp. 85-86)

Al cliente veniva proposto un'offerta speciale, lo si coinvolgeva il più possibile lasciandogli la macchina in prova per un giorno e lo si invitava a compilare tutta una serie di moduli.

Alla fine della trafila saltava fuori la sorpresa (ecco il colpo basso!): per esempio l'offerta era scaduta qualche giorno prima oppure c'era stato un errore di calcolo o ci si era dimenticati di precisare che l'offerta prevedeva l'obbligo all'acquisto di una serie di optionals particolarmente costosi. A quel punto il venditore si scusava e sottolineava la libertà del cliente di recedere dal contratto.

Un buon numero di clienti finiva con l'acquistare la macchina malgrado la motivazione iniziale all'acquisto (la convenienza) fosse ormai inesistente.

Cialdini spiega l'efficacia di tale tecnica: "Sembra incredibile che il cliente accetti di comperare l'auto a queste condizioni, eppure la cosa funziona, non con tutti ma abbastanza spesso da essere usata sistematicamente da molti rivenditori, che hanno capito bene come una scelta iniziale si costruisca da sola il suo sistema di sostegno, munito di tutta una serie di giustificazioni nuove." (Robert Cialdini, Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì, Firenze, Giunti/Barbera, 1989, p. 86)


Riprova sociale

Questo principio può essere definito sinteticamente a partire dalle parole di Cialdini: "quanto maggiore è il numero di persone che trova giusta una qualunque idea, tanto più giusta è quell'idea." (p. 104)

Ne parlava anche Gustave Le Bon nel suo Psicologia delle folle (1895) libro di riferimento per Mussolini. Secondo Le Bon le idee, i sentimenti e le emozioni hanno un potere contagioso nella folla poiché l'uomo è imitatore per natura e nella folla resta in preda alla eccitazione reciproca.

Questo principio è particolarmente potente nelle situazioni particolarmente nuove e sconcertanti, dove, per intenderci c'è un notevole margine di dubbio: la persona si trova confusa e non sa che fare, in mancanza di un modello comportamentale già pronto, un metodo facile e istintivo consiste nell'imitazione del comportamento altrui.

È evidente che in una situazione di shock e confusione viene a crearsi un fenomeno circolare tipico di un sistema cibernetico che trasforma un aggregato umano in un sistema ricorsivo autoriverberante.

Un esempio: C'è un uomo disteso per terra, sorge un dubbio: costui ha avuto un malore oppure è un ubriaco che dorme?

La reazione istintiva dell'uomo confuso che si trova in una folla è quella di guardarsi intorno e uniformarsi al comportamento delle altre persone che paradossalmente stanno facendo con noncuranza altrettanto: A guarda B che non fa niente imitando C che sta pensando sul da farsi e guarda A.

Questo fenomeno è stato definito dagli psicologi John Darley e Bibb Latané come "ignoranza collettiva".

Nella folla tra l'altro è come se la responsabilità si diluisse. Siamo tutti responsabili e quindi nessuno è responsabile in particolare.

L'effetto imitazione lo si ritrova anche nelle epidemie di suicidi dopo che i media hanno cominciato a farne pubblicità. Mi sto riferendo al cosiddetto "effetto Werther" che deve il suo nome all'ondata di suicidi che si estese per tutta l'Europa dopo la pubblicazione del romanzo "I dolori del giovane Werther" in cui il personaggio principale, Werther, si suicida. In questo caso l'effetto di imitazione si da solo per le persone che si identificano con il suicida: "il principio di riprova sociale agisce con la massima efficacia quando osserviamo il comportamento di persone come noi. È la condotta di queste persone che ci chiarisce meglio quale sia il comportamento giusto anche per noi." (Robert Cialdini, Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì, Firenze, Giunti/Barbera, 1989, p. 113)

Questo principio lo possiamo estendere a maggior ragione anche ai gruppi settari nel caso in cui si verificano dei suicidi collettivi.

Spiega Cialdini rispetto alla setta del Reverendo Jim Jones: "ognuno osservava il comportamento degli altri e, vedendo intorno a sé una calma apparente, perché ciascuno degli altri, invece di reagire, si guardava intorno per capire la situazione, "veniva a sapere" che fare pazientemente la fila era il comportamento giusto"

(Robert Cialdini, Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì, Firenze, Giunti/Barbera, 1989, p. 125)

Cialdini precisa inoltre un meccanismo fondamentale che è importante chiarire: "Nessun capo può sperare di persuadere direttamente tutti i membri del gruppo, ma il fatto che sia riuscito a convincerne una frazione considerevole basta per convincere il resto". (Robert Cialdini, Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì, Firenze, Giunti/Barbera, 1989, p. 125)

Questo principio è usato anche nell'ipnotismo quando l'ipnotizzatore in virtù della sua autorità e del suo carisma crea una cornice suggestiva che genera confusione e incertezza negli astanti: prima ipnotizza l'assistente e poi chiama i soggetti più "facili", che sono coloro che hanno stanno già sviluppando uno stato di trance o attenzione responsiva, per chiamare infine — solo dopo aver dato dimostrazione del suo "potere" con una serie di fenomenologie — sul palco i soggetti "resistenti".

to be continued...

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