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lunedì, marzo 05, 2007

Dolore e ipnosi

Il dolore e l'ipnosi

Sottoponendo a risonanza magnetica funzionale (fRMN) alcuni pazienti sotto ipnosi un gruppo di ricercatori del Dipartimento di medicina dell'Università Erasmus di Rotterdam e dell' Università di Francoforte, ha identificato - come viene illustrato in un articolo sull'ultimo numero di Psychotherapy and Psychosomatics - alcuni meccanismi neurobiologici della risposta al dolore.

La depersonalizzazione è caratterizzata da persistenti e ricorrenti episodi di distacco dal proprio sé, spesso con una ridotta percezione del dolore. Alterazioni negli schemi corporei simili a quelli presenti nella sindrome da deficit nella connessione limbico-corticale sono ritenute responsabili di questo fenomeno.

Nello studio i ricercatori - diretti da Christian H. Röder e Matthias Michal - hanno utilizzato l'ipnosi per indurre uno stato di depersonalizzazione in soggeti sani ben suscettibili di ipnosi ed esaminare gli schemi neuronali della percezione durante tre differenti stati di coscienza: veglia, rilassamento ipnotico e depersonalizzazione ipnotica. Lo stimolo doloroso era costituito da una scossa elettrica al polso destro.

Lo stimolo nocicettivo ha portato all'attivazione delle ben note vie del dolore, e in particolare della corteccia somatosensoriale, dell'insula e del cervelletto. Durante lo stato di depersonalizzazione ipnotica, l'attivazione è risultata fortemente ridotta nella corteccia somatosensoriale controlaterale, nella corteccia parietale (area di Brodman), in quella parietale, nel putamen e nella parte omolaterale dell'amigdala, e così pure in tutte le aree collegate alla risposta emotiva al dolore, che veniva percepito in misura estremamente ridotta.

Durante lo stato di depersonalizzazione, sono risultate peraltro meno attive tutte le aree corticali e sottocorticali coinvolte nella propriocezione, suggerendo anche la possibilità che nel corso delle cosidette esperienze di extracorporeità siano attivi specifici meccanismi neuronali.

Secondo gli autori, la tecnica adottata permetterà uno studio più approfondito dei meccanismi biologici e psicologici che soggiaciono sia ai fenomeni di autolesionismo sia a quelli che portano a disturbi di carattere psicosomatico. (gg)

tratto da: Le Scienze

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