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giovedì, agosto 24, 2006

La preparazione al Parto

(seconda parte)

CONCLUSIONI
La questione autoipnosi può essere affrontato da più punti di vista. L'autoipnosi può essere vista essenzialmente come il prodotto di una precedente ipnosi e susseguente suggestione post-ipnotica e dunque non esistere come fenomeno autonomo. Viceversa si può essere convinti che l'ipnosi abbia luogo solo a patto che il soggetto si renda disponibile a produrre la propria autoipnosi e dunque è solo l'autoipnosi a esistere.

Ad ogni modo avvengono nella fenomenologia della coscienza una serie di eventi aspecifici, senza una intenzionalità esplicita finalizzata alla produzione di una trance che non sono facilmente collocabili e definibili.

La coscienza va incontro ordinariamente a un processo di discontinuità in cui diventa operante il meccanismo dissociativo. I cosiddetti sogni a occhi aperti non rispondono a una casualità rintracciabile nella mente conscia, ma a importanti bisogni del sistema mente-corpo.

Di fatto l'evento autoipnotico può avvenire all'interno o all'esterno di una cornice terapeutica.

La stessa relazione terapeutica non è altro che una fitta trama di stati di coscienza auto/etero indotti.

Ognuno può autonomamente misurarsi con un universo di risultati desiderati e desiderabili per sè, ma in assenza della supervisione di un ipnotista esperto può essere difficile porsi obiettivi adeguati e appropriati.

Crasilneck (1975) cita una serie di esempi in cui persone non educate al corretto uso dell'ipnosi possono fare richiesta di un training autoipnotico finalizzato al raggiungimento di obiettivi irrealistici e qualche volta non sani.

Un avvocato aveva fatto richiesta di imparare a dormire tre ore a notte, mentre uno studente mediocre voleva assicurarsi voti eccellenti.

In autoipnosi il saper fare è una dimensione intimamente legata alle potenzialità soggettive presenti e non alla fantasia di un fare straordinario

Erickson (1987) ha sostenuto più volte il fenomeno dell'interferenza di obiettivi apprezzabili da parte della coscienza, ma in disaccordo con i bisogni dell'inconscio.In tal senso sottolineava che l'insistenza a interferire coscientemente con l'inconscio determina l'insorgenza di un problema.

Ne possiamo trarre che fare autoipnosi senza una consapevolezza di come dimensionarla correttamente può produrre danni.

Al contrario nell'ambito di una relazione terapeutica si può ragionevolmente concludere che a prescindere se sia fatto in modo deliberato o no si sviluppa sempre una qualche forma di autoipnosi nel soggetto in terapia anche non esplicitamente ipnotica. Del resto Lankton (1984) ha dimostrato che gli stati ipnotici sono presenti in molte forme terapeutiche e coinvolgono pazienti e terapeuti.

Oltre a ciò occorre distinguere gli eventi di autoipnosi spontanei da quelli strutturabili in un addestramento esplicito.

Impegnare già nelle prime fasi della terapia il paziente in un vero e proprio training autoipnotico significa operare strategicamente e apertamente sullo svincolo e l'autonomia del soggetto.

Per di più rinforza la convinzione di poter godere di un controllo su aspetti inattesi della propria vita.
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